Pubblicato il 15 Marzo 2019 | di Redazione
0Il coraggio di chi resta Ragusa nella più difficile delle sfide
Se sei un giovane a un certo punto della tua vita ti trovi per certo a chiederti: “Vado o resto?”.
Una domanda obbligata sia se decidi di continuare gli studi dopo il diploma, sia se preferisci buttarti subito nel mondo del lavoro. L’antifona ritorna: restare o andare?
Se sei giovane, vivere a Ragusa è un atto di coraggio. Come spiega Vincenzo, di 27 anni, che, dopo un periodo di studio al Nord Italia, ha scelto di tornare: «Dietro lo scegliere tra stare o andarsene c’è un vero e proprio conflitto continuo dovuto alla forza un po’ insulare, all’attaccamento alla propria terra che trattiene. Dall’altro però c’è la consapevolezza che quello che il territorio può offrire sia poco, ma c’è anche la voglia di riscatto di persone che vivono in una realtà ancora incantata, poco propensa a cambiamenti che si discostano un po’ troppo dalle sue abitudini tipiche».
Un elemento importante è l’atteggiamento che assumono i giovani nel vivere a Ragusa. C’è chi resta, quasi “parcheggiato” in città, nell’attesa di poter trovare un’alternativa migliore, con un fare quasi disfattista. E poi c’è chi rimane, come spiega ancora Vincenzo, «perché la più difficile delle sfide è quella di apportare dei cambiamenti. Se si ama la propria città, il minimo che si possa fare è di realizzare qualcosa per essa stessa. Ciò che ti spinge a restare è lo stesso motivo che un po’ ti porterebbe ad allontanarti, cioè quello che non piace: per migliorare quello che non piace si resta».
È bene tenere però conto che, come sottolinea Elisabetta, una ragusana 26enne che ha vissuto all’estero per conoscere e studiare nuove culture, ma che attualmente è ritornata nella sua città natale: «L’amore per una città dipende dallo stato d’animo e dalle esperienze personali». A Ragusa le opportunità bisogna saperle creare e quest’ottica ancora non è insita nel nostro retaggio culturale, troppo spesso il lavoro lo si cerca e non lo si crea, proprio perché mancano le competenze necessarie nell’inventare qualcosa che ancora non esiste.
Vincenzo, Marzia, Federico, Elisabetta, Carmelo: sono solo alcuni dei ragazzi che lottano per amore della propria città. Affrontano con orgoglio le difficoltà perché un domani Ragusa possa tornare a riempirsi di giovani. L’appello che lanciano non riguarda tanto ciò che manca in città: «Vorrei che i ragusani si accorgessero di quel piccolo gioiello che hanno tra le mani, c’è arte, c’è tradizione, c’è natura, ma nessuno ne sa sfruttare le potenzialità al meglio, preferiscono lamentarsi piuttosto che essere fattivi (ma non tutti)».
«Dalla mia città vorrei un’apertura, una presa di consapevolezza del proprio valore. Bisognerebbe investire del tempo ad ascoltare chi propone qualcosa di diverso, vedere con occhi nuovi. Una città che investa sulla diversità come valore, in un periodo di conformismo. Si dovrebbe puntare alla valorizzazione del territorio, della storia. Confronto, apertura, dialogo: isola, ma non chiusa!».