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Pubblicato il 3 Aprile 2019 | di Alessandro Bongiorno

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La classifica delle province felici Ragusa male ma non malissimo

Male ma non malissimo. La provincia di Ragusa, stavolta, deve accontentarsi del posto numero 89 in Italia. La classifica è quella stilata dal quotidiano cattolico Avvenire che prova a studiare le città e i territori dove si vive bene, prendendo in esame non soltanto gli indicatori economici (ricchezza pro capite, lavoro, sviluppo) ma tutti quei parametri (demografia e famiglia, impegno civile, cultura, servizi alla persona, salute, legalità e sicurezza, lavoro, inclusione, capitale umano, accoglienza) che possono aiutarci a vivere bene nella nostra città. Ne emerge  una classifica delle città “ideali”, che sappiano coniugare efficienza e bellezza, dove si pensi più agli altri che al portafoglio e nelle quali la costruzione del bene comune riguardi tutti.

Con questo studio, viene valutata la qualità della vita delle persone e «in quali ambiti – spiega Avvenire – gli abitanti di una città riescono meglio a esprimere se stessi, sviluppare le proprie potenzialità, essere generativi, cioè riuscire a incidere sulla vita degli altri in maniera significativa».

Il risultato, alla fine, è omogeneo con quello di altri studi e altre classifiche che provano a fotografare la qualità della vita e vede sul podio città piccole e ai piedi delle Alpi (Bolzano, Trento e Pordenone ai primi tre posti) e il profondo Sud in coda. Ragusa è al posto numero 89, seconda in Sicilia solo a Messina. La ricerca è stata condotta in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata e della Lumsa. «Si confermano – commentano i ricercatori – le difficoltà del Mezzogiorno, tutto nella seconda parte della classifica, fino agli ultimi posti di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Napoli e Crotone. Città e intere regioni che, oltre al divario economico e occupazionale, scontano anche peggiori servizi pubblici e un capitale umano più povero».

All’interno della classifica generale, si possono trovare due distinti report sulla “Generatività dei territori” e sulla “Responsabilità civile dei territori” che vedono la provincia di Ragusa rispettivamente ai posti 86 (prima in Sicilia) e 83 (seconda in Sicilia dopo Messina): il primo prende in esame parametri più tradizionali, l’altro gli indicatori dell’ecologia integrale della “Laudato si”.

Ragusa eccelle (ottava provincia in Italia) per quanto riguarda la demografia e la famiglia e, più in generale sul versante più ampio delle relazioni sociali, ambiti considerati «importanti» per il raggiungimento del benessere individuale.

Da considerare preoccupante, invece, l’aspetto dell’inclusione dove la nostra provincia risulta addirittura tra le ultime (posto 104 su 107) prendendo in esame i livelli di reddito, di bancarizzazione, e le misure di contrasto alla povertà tradizionale ed emergente. Va decisamente meglio sul versante dell’accoglienza (posizione numero 38) che mette a confronto le città sulle capacità di «accettare, approvare, accorciare le distanze, mettendo a proprio agio e dando dignità all’altro». Più impegno civile (48 province in Italia riescono a fare meglio) non guasterebbe, mentre le condizioni di salute (68) e il lavoro (70) pongono Ragusa poco oltre la metà della classifica. A spingerci giù, oltre agli aspetti indicizzati come inclusione, anche legalità e sicurezza (92); il capitale umano (94), che testa sia il livello d’istruzione che la capacità d’innovazione; la cultura e i servizi alle persone che ci relegano entrambi al 98. posto.

Come tutti gli studi che puntano a leggere la società e sintetizzano i risultati in una classifica, i risultati non vanno assolutizzati ma analizzati per provare a capire come migliorare. E Ragusa e la sua provincia possono e devono migliorare molto per garantire un “ben-vivere” che oggi appare ancora lontano.

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Autore

Giornalista, redattore della Gazzetta del Sud e condirettore di Insieme. Già presidente del gruppo Fuci di Ragusa, è laureato in Scienze politiche.



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