Politica

Pubblicato il 17 Aprile 2019 | di Alessandro Bongiorno

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«Senza pensiero e spiritualità cattolici a rischio irrilevanza» 

I cattolici oggi rischiano l’irrilevanza sia in campo culturale che politico. Un rischio reale, come sottolinea Giuseppe Savagnone, direttore dell’ufficio per la Pastorale della Cultura della Diocesi di Palermo, docente di storia e filosofia nei licei statali e  della scuola di formazione politica “Pedro Arrupe”, nonché della scuola superiore di specializzazione in bioetica e sessuologia dell’Istituto teologico San Tommaso di Messina e di Dottrina sociale della Chiesa al Dipartimento di Giurisprudenza della Lumsa di Palermo. Lo abbiamo incontrato a margine di un incontro regionale sulle Comunicazioni sociali.

Perché i cattolici rischiano oggi la marginalità o addirittura l’irrilevanza?

«I cattolici – risponde – hanno perduto la relazione tra vita di fede e impegno culturale. Non si coglie più lo slancio culturale e intellettuale, come se la fede fosse un fatto a parte rispetto alle vicende umane. Nel Medioevo, i grandi santi erano grandi pensatori. Oggi avviene il contrario. C’è una divaricazione tra vita di fede e pensiero che è insostenibile. Non si elaborano più idee, non si delineano prospettive nuove».

Da dove ripartire?

«Ripartirei da un’educazione capillare che veda protagoniste anche le parrocchie che devono essere anche scuole di pensiero e di fede. I riti non bastano più. La fede non può essere abitudine. Serve prestare più attenzione alla formazione dei laici. Un po’ lo fanno gruppi e movimenti ma non tutti riescono a coniugare insieme vita spirituale e culturale. Per una fede consapevole serve però una vita interiore e oggi invece assistiamo a una sorta di bancarotta spirituale».

Come guarire la società da questa bancarotta spirituale?

«Oggi la comunità cristiana, depositaria di una tradizione di spiritualità bimillenaria, ha una enorme potenzialità nei confronti della crisi del nostro tempo. E non solo accogliendo l’invito di Cristo a riconoscerlo nei poveri e negli emarginati, come giustamente sta cercando di fare, ma anche ricostituendo – a livello di gruppi, di movimenti, soprattutto di parrocchie – i percorsi di una formazione spirituale dei propri membri che possa irradiarsi e contribuire a risanare, a livello privato e pubblico, le ferite provocate da questa bancarotta spirituale».

I cattolici possono ancora avere un ruolo nel dibattito e nell’azione politica?

«Oggi la base dei cattolici è inerte culturalmente. La Dc aveva alle spalle l’Azione Cattolica, un associazionismo cattolico forte e radicato, capace di fornire stimoli spirituali e culturali insieme. Oggi la situazione è diversa ma la politica ha sempre bisogno di grandi prospettive, di visioni globali relative alle persone e ai loro diritti, alla società, al bene comune, che solo la tradizione cattolica, in Italia, può offrire. È però indispensabile che i cattolici recuperino una cultura comune che esprima delle linee di pensiero capaci di tradurre la fede e la stessa dottrina sociale della Chiesa in termini adeguati al nostro tempo. Non abbiamo bisogno solo di singole figure, serve una presa di coscienza e una maturazione da parte della gente, dei cattolici in particolare, che dia luogo a un nuovo senso di cittadinanza».

 

 

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Autore

Giornalista, redattore della Gazzetta del Sud e condirettore di Insieme. Già presidente del gruppo Fuci di Ragusa, è laureato in Scienze politiche.



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