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Pubblicato il 21 Maggio 2019 | di Agenzia Sir

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«Nella Chiesa ci sia posto per ogni tipo di giovani»

L’esortazione apostolica “Christus vivit” a conclusione del Sinodo di ottobre.

«Quando ho iniziato il mio ministero come Papa, il Signore ha allargato i miei orizzonti e mi ha dato una rinnovata giovinezza». Comincia con questa confidenza l’esortazione apostolica post-sinodale “Christus vivit”, rivolta ai giovani e a tutto il popolo di Dio. Una sorta di “Magna Charta” per la pastorale giovanile, esortata da Papa Francesco ad essere, da ora in poi, «pastorale giovanile popolare», pronta a cambiare partendo dalla capacità di raccogliere le critiche dei giovani. Perché sono i giovani che possono aiutare la Chiesa «a non cadere nella corruzione, a non trasformarsi in una setta». «La gioventù non esiste, esistono i giovani con le loro vite concrete», il punto di partenza del testo, che attinge a piene mani, e nello stesso tempo rimanda, al documento finale del Sinodo di ottobre.

L’entusiasmo. «La Chiesa di Cristo può sempre cadere nella tentazione di perdere l’entusiasmo», esordisce il Papa. Sono proprio  i giovani, allora, che per il Papa «possono aiutarla a rimanere giovane, a non cadere nella corruzione, a non fermarsi, a non inorgoglirsi, a non trasformarsi in una setta, ad essere più povera e capace di testimonianza, a stare vicino agli ultimi e agli scartati, a lottare per la giustizia, a lasciarsi interpellare con umiltà». «Questo comporta che riconosca con umiltà che alcune cose concrete devono cambiare, e a tale scopo ha anche bisogno di raccogliere la visione e persino le critiche dei giovani», il monito. Le ragioni che allontanano i giovani dalla Chiesa. «Gli scandali sessuali ed economici; l’impreparazione dei ministri ordinati che non sanno intercettare adeguatamente la sensibilità dei giovani; la scarsa cura nella preparazione dell’omelia e nella presentazione della Parola di Dio; il ruolo passivo assegnato ai giovani all’interno della comunità cristiana; la fatica della Chiesa di rendere ragione delle proprie posizioni dottrinali ed etiche di fronte alla società contemporanea».  Sono le ragioni principali che allontanano i giovani dalla Chiesa, secondo l’analisi di Francesco. «Una Chiesa eccessivamente timorosa e strutturata può essere costantemente critica nei confronti di tutti i discorsi sulla difesa dei diritti delle donne ed evidenziare costantemente i rischi e i possibili errori di tali rivendicazioni», il grido d’allarme. Viceversa, «una Chiesa viva può reagire prestando attenzione alle legittime rivendicazioni delle donne che chiedono maggiore giustizia e uguaglianza. Può ricordare la storia e riconoscere una lunga trama di autoritarismo da parte degli uomini, di sottomissione, di varie forme di schiavitù, di abusi e di violenza maschilista. Con questo sguardo sarà capace di fare proprie queste rivendicazioni di diritti, e darà il suo contributo con convinzione per una maggiore reciprocità tra uomini e donne, pur non essendo d’accordo con tutto ciò che propongono alcuni gruppi femministi».

Le trappole. Il dolore dei giovani è «come uno schiaffo», scrive il Papa a proposito della violenza che «spezza molte giovani vite» con varie forme di abusi e dipendenze, mietendo vittime anche grazie alla «colonizzazione ideologica» e alla «cultura dello scarto». La morale sessuale è spesso «causa di incomprensione e allontanamento dalla Chiesa», mentre i giovani vogliono un confronto su identità maschile e femminile, sulla reciprocità tra uomo e donna e sull’omosessualità. «Non è sano confondere la comunicazione con il semplice contatto virtuale», l’ammonimento per i frequentatori della rete, alle prese con fenomeni pericolosi e ambigui come il “dark web”, il “cyberbullismo”, la pornografia, le “fake news” e il fenomeno della “migrazione digitale”. Sono tanti i giovani direttamente coinvolti nelle migrazioni», ribadisce Francesco, stigmatizzando i trafficanti senza scrupolo e la xenofobia.

Gli abusi una nuvola nera. La parte finale del terzo capitolo della “Christus vivit” è dedicata agli abusi, definiti dal Papa «una nuvola nera» da allontanare all’orizzonte anche grazie all’aiuto e alle segnalazioni dei giovani. «Non si può più tornare indietro» nella lotta contro questa piaga, l’imperativo di Francesco per combattere i «diversi tipi di abuso: di potere, economici, di coscienza, sessuali». «Il clericalismo è una tentazione permanente dei sacerdoti», tuona ancora una volta il Papa, esprimendo nello stesso tempo la sua «gratitudine verso coloro che hanno il coraggio di denunciare il male subìto» e verso l’impegno sincero di innumerevoli laiche e laici, sacerdoti, consacrati, consacrate e vescovi – la maggioranza – che ogni giorno si spendono con onestà e dedizione al servizio dei giovani. Pastorale giovanile popolare.

Dare spazio a una «pastorale giovanile popolare », dove ci sia posto per ogni tipo di giovani, la proposta del settimo capitolo della “Christus vivit”. «Una pastorale più ampia e flessibile», spiega Francesco, che sappia valorizzare anche «quei giovani credenti che sono leader naturali nei quartieri e nei diversi ambienti». No, allora, ad una pastorale giovanile «asettica, pura, adatta solo ad un’élite giovanile cristiana che si sente diversa, ma che in realtà galleggia in un isolamento senza vita né fecondità». La pastorale giovanile, quando smette di essere elitaria e accetta di essere popolare, «è un processo lento, rispettoso, paziente, fiducioso, instancabile, compassionevole», e ha bisogno dell’accompagnamento degli adulti, emerso con forza anche nel Sinodo, che comporta la necessità di preparare consacrati e laici, uomini e donne, qualificati.

La famiglia. La famiglia continua a rappresentare il principale punto di riferimento per i giovani, come è emerso dal Sinodo: i giovani sognano una famiglia, e il matrimonio non è fuori moda, assicura il Papa. Non bisogna aspettarsi di «vivere senza lavorare, dipendendo dall’aiuto degli altri», il monito ai giovani, in un mondo segnato da una disoccupazione giovanile che ha ormai raggiunto «livelli esorbitanti» e che deve diventare una priorità per la politica.

Il discernimento. «Suscitare processi, non imporre percorsi» o «costruire ricettari»,
l’indicazione dell’ultimo capitolo, dedicato al discernimento.

M.Michela Nicolais

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