Pubblicato il 12 Luglio 2019 | di Mario Cascone
0Un bisogno di relazione da soddisfare con il passaggio dal like all’Amen
Nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali di quest’anno il Papa ha scelto di riflettere sul confronto fra le “social network communities” e la comunità umana. Punto di partenza della riflessione di Francesco è che l’uomo non è fatto per la solitudine, ma per la comunione. Dire persona equivale a dire relazione, dialogo, comunità. È insito quindi in ogni uomo il desiderio di non isolarsi, ma di condurre la propria esistenza in relazione con i suoi simili. Rapportando questo desiderio con gli attuali mezzi di comunicazione sociale la domanda è se essi facilitino la comunione fra le persone o la ostacolino. Pur riconoscendo il valore della rete, Francesco mette in guardia su alcuni pericoli che essa presenta: disinformazione, distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali, uso manipolatorio dei dati personali, finalizzato a ottenere vantaggi sul piano politico o economico, cyberbullismo”. Questi rischi che la rete comporta ci fa concludere che “la social network community non sia automaticamente sinonimo di comunità”. Spesso essa è solo un aggregato di individui, che si riconoscono intorno a interessi o argomenti caratterizzati da legami deboli e che non di rado si fondano sulla contrapposizione nei confronti dell’altro.
Come si può uscire da questa situazione così problematica? Il Papa trova una risposta nella Parola di Dio, ed in particolare nella metafora del corpo e delle membra, che San Paolo usa per parlare della relazione di reciprocità fra le persone. A questo riguardo l’Apostolo dice: “Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4, 25). Il fatto di “essere membra gli uni degli altri” è la vera motivazione per fuggire dalla menzogna e per dire la verità. L’obbligo a custodire la verità nasce dall’esigenza di non smentire la relazione di comunione che c’è fra di noi. Questa relazione si fonda sul fatto che noi siamo creati ad immagine e somiglianza del Dio trinitario, che in se stesso è relazione d’amore fra le Tre Persone. È la comunione ad immagine della Trinità che distingue la persona dall’individuo e ci fa dire che ognuno di noi è veramente umano solo se si relaziona con gli altri. Questo bisogno di relazione può essere soddisfatto anche dal social web, a patto che esso sia “complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro”. La rete che vogliamo è quella che favorisce il dialogo, l’incontro, il sorriso, la carezza…
Rifacendosi alla comunione eucaristica, Francesco auspica che si passi dal “like”, così abbondantemente usato nel social web, all’Amen pronunciato nella liturgia eucaristica. Il “like” è spesso sinonimo di partecipazione immediata, istintiva, volutamente non impegnativa e, in ultima analisi, deresponsabilizzante. L’Amen è invece il frutto di una riflessione profonda, di una condivisione matura, dell’adesione ad una verità che impegna l’essere umano per la comunione.