Pubblicato il 15 Luglio 2019 | di Redazione
0La tentazione della “retrotopia” anche nel mondo dell’informazione
Un auspicio, un monito, l’indicazione di un percorso: sono i tre elementi attorno a cui è ruotato l’intervento del professore Pier Cesare Rivoltella nel seminario di aggiornamento e formazione che l’ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi di Ragusa ha offerto ai giornalisti.
L’auspicio è quello che ci può e ci deve essere ancora spazio per la professione del giornalista e per la buona informazione. «In un sistema senza regole, dove chiunque scrive ciò che gli passa per la testa, abbiamo ancora bisogno di sentinelle della verità e del buonsenso». Il monito è quello di evitare la tentazione di cadere nella “retrotopia”, ovvero di guardare al passato come luogo di conforto, senza raccogliere le sfide che la contemporaneità ci pone. Il percorso non può che essere quello di un’educazione ai media per costruire oggi i lettori di domani, «lettori critici, ma – ha evidenziato Rivoltella – soprattutto lettori».
Di buona informazione e di cittadini informati e consapevoli si avverte oggi più che mai la necessità. Ne hanno bisogno le nostre comunità che stanno scoprendo i limiti di ciò che internet e i social network veicolano nella loro esasperata ricerca di utenti e di click. In un contesto nel quale sembra prevalere, e non solo a livello verbale, una «deriva aggressiva», il giornalista e l’informazione devono far fronte a una serie aggiuntiva di problemi. Tra questi la deprofessionalizzazione di molti operatori che operano sul web, la ricerca di notizie a sensazione anche se non necessariamente vere, la mediatizzazione della vita ordinaria che porta all’attenzione di tutti pratiche e momenti di assoluta ordinarietà e banalità. Su questi terreni, sarà difficile per un giornalista poter inseguire il web e le comunità virtuali dove troppo spesso si parla e si scrive – come lo stesso Rivoltella ha sottolineato – anche solo per lasciare una traccia della propria esistenza.
A rendere più flebile la voce dei giornalisti contribuisce anche, come ha evidenziato il nostro condirettore Alessandro Bongiorno, la solitudine in cui oggi si ritrovano gli operatori dell’informazione: senza più una redazione dove crescere e imparare il mestiere, con aziende editoriali che vivono una crisi di sistema che continua a generare tagli dolorosi e compensi spesso inadeguati, soli davanti al loro monitor con una realtà complessa da raccontare e con i cacciatori di click e di faccine come improbabili competitor.
Rimane però intatta l’esigenza per una comunità locale, e anche per la comunità ecclesiale, di riconoscersi in un giornale, o comunque in un organo di informazione, capace di rafforzare le relazioni, riscoprire il territorio e la sua identità, stimolare sentimenti di reciprocità e comportamenti improntati alla solidarietà, alimentare la partecipazione. L’esatto contrario degli spazi virtuali che sembrano trovare linfa e aggregare soprattutto su ciò che divide, che genera odio, che disgrega la comunità. Non è questo che internet ci aveva promesso, non è questa l’informazione che ci può accontentare, non è su queste basi che possiamo ridare un’anima alle nostre città.