Pubblicato il 22 Luglio 2019 | di Alessandro Bongiorno
0La profezia del turismo conviviale: un tempo, uno spazio, un’esperienza
Può essere il turismo conviviale la declinazione al futuro – perché profetica – di quello che fino ad oggi è stato il turismo religioso! È quanto affermato da don Gionatan De Marco, direttore dell’ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei, nella pubblicazione “Turismo conviviale. Declinazione al futuro del turismo religioso. Lettera a Mohamed ed Elisheva” (edizioni Nicola Palumbi, 2019).
Ma come il turismo può definirsi conviviale? Il turismo conviviale è un tempo, uno spazio, e un’esperienza. È anzitutto «un tempo – afferma don De Marco – in cui le persone si incontrano e condividono insieme il tempo di un viaggio in cui scoprire la bellezza della convivialità delle differenze e dove l’egoismo viene gettato in mare a discapito della solidarietà e dell’amicizia. Il turismo conviviale è poi uno spazio in cui scoprire la bellezza della prossimità capace di guarire il dolore della solitudine e in cui si riscopre la bontà dell’altro. Il turismo conviviale è infine un’esperienza in cui le storie di ognuno divengono il vero paesaggio da scoprire e da arricchire, in cui si scopre la bellezza della felicità alternativa che nasce dal dare più che dal ricevere».
Facile pensare al Mediterraneo, un mare sulle cui sponde si sperimenta la convivialità delle differenze e dove l’umanità ha scoperto le relazioni e l’incontro tra culture e civiltà diverse. Il Mediterraneo che anche oggi è al centro di scambi e di un turismo che non sempre sa, però, apprezzare la bellezza, la cultura e la stessa missione che la storia ha affidato a questo specchio d’acqua. «Oggi, tante forze ci obbligano – ha sottolineato don De Marco – a volgere la nostra attenzione ai confini, per difenderli. Il nostro mare non è un confine, ma è prospettiva, orizzonte e, nello specifico, il Mediterraneo è la bellissima e straordinaria tavola attorno alla quale siamo seduti insieme».
Quando ci accostiamo al turismo religioso, andiamo con la mente ai pellegrinaggi ai grandi o piccoli santuari, a una vacanza in un monastero che sia oasi della nostra spiritualità, a un’esperienza missionaria o anche alla partecipazione a un appuntamento nazionale o internazionale dell’associazione o del movimento cui facciamo parte, un campo estivo di preghiera, lavoro o volontariato. Il turismo conviviale non cancella tutto questo ma lo sublima, offrendo una nuova prospettiva. Non l’esperienza in sé ma lo spirito con la quale si vuol vivere questo tempo e questa esperienza. «L’esperienza di un turismo conviviale, vuole restituire ad ogni persona – spiega don Di Marco – la percezione autentica della sua domanda di felicità. E non ci sarà mai turismo conviviale se, prima che proposte di viaggio, non siamo capaci di offrire messaggi per la vita e la speranza».
Il turismo conviviale può attivare anche prassi di economia, quella che don Di Marco chiama «l’economia della bellezza condivisa» che non rinuncia certo alla produzione di valore, ma lo fa attraverso il processo senza fare dell’obiettivo un’ossessione, diventando un’economia armonica.