Società

Pubblicato il 25 Agosto 2019 | di Saro Distefano

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Veti e paure bloccano il Parco degli Iblei

Da dieci anni nessun passo avanti.

Non batte il record – di fatto imbattibile – della Ragusa-Catania, ma si avvicina non poco. È la vicenda del “Parco degli Iblei”. Anche il Parco degli Iblei è stato fatto oggetto di proposte, contro-proposte, interventi ad altissimo livello tecnico e amministrativo. Ma di fatto, di concreto, praticamente il nulla. Eppure il Parco, il cui iter burocratico è iniziato dieci anni fa, dovrebbe essere realtà già da anni. Ma sono sorte delle difficoltà o, meglio, dei ripensamenti, delle opinioni non serenamente pacifiche sulla utilità del provvedimento.

A ripensare la istituzione stessa del Parco sono alcune associazioni, che si dicono interessate a che la perimetrazione del costituendo parco rispetti le proprietà e, cosa assi più importante, che una volta costituito il Parco non accada, quale prima e diretta conseguenza, che le attività produttive vengano in qualche modo limitate, loro dicono “ingessate”. Il pericolo esiste, senza dubbio.

E però basterebbe riflettere su due dati. Il primo: cosa si intende per “ingessare” il territorio interessato dal Parco? Se si intende, per esempio, impedire la costruzione di una discarica dentro i confini del Parco, appare evidente che nessuno può dirsi contrario. Se si intende impedire ai massari di allevare un certo tipo di vacca o di piantare un certo cereale, allora cambiano le prospettive (per quanto si tratta, appare ovvio, di ipotesi remote e chiaramente forzate). Il secondo: se la preoccupazione è, come parrebbe, di ordine strettamente burocratico con però conseguenze di ordine economico, allora si deve sapere che ovunque, ribadisco ovunque, sia stato istituito un Parco naturalistico sulla scorta di quello immaginato nell’area iblea (con territorio quasi interamente nella provincia di Ragusa e Siracusa, e spicchi in quella di Catania), allora lo sanno anche i bambini: ci si guadagna tantissimo. E più di ogni altro proprio quegli agricoltori che hanno riconvertito – almeno nelle esperienze di parchi già avviati – aziende o parti di aziende agricole, a volte anche asfissiate da una crisi che parrebbe essere diventata cronica, in strutture ricettive a forte redditività. A cascata, dopo i proprietari terrieri, sono normalmente beneficiati dalla istituzione di un Parco i tantissimi operatori del cosiddetto indotto: guide turistiche, aziende di trasporto, fornitori di beni e servizi.

Si aggiunga, e solo per concludere, che non soltanto l’esperienza insegna che laddove sono stati istituiti i parchi naturalistici la popolazione ne ha avuto un grande beneficio (e qui s’intendono i parchi piccoli e attivati in aree già antropizzate, come dovrebbe essere il nostro, senza necessariamente immaginare i grandi parchi americani o l’innovativo e incredibilmente redditizio parco sorto in Spagna lungo il percorso del Cammino di Santiago), ma, e si tratta di un punto fondamentale, la collettività ne ha giovato anche in termini “altri”, ovvero quei parametri sempre difficilmente valutabili come, per esempio la tanto citata e mai veramente compresa “qualità della vita”.

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Autore

Nato a Ragusa nel 1964 è giornalista pubblicista dal 1990. Collabora con diverse testate giornalistiche, della carta stampata quotidiana e periodica, online e televisive, occupandosi principalmente di cultura e costume. Laureato in Scienze Politiche indirizzo storico, tiene numerose conferenze intorno al territorio ibleo.



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