Pubblicato il 19 Settembre 2019 | di Redazione
0Pastorale in quattro parole: territorio, comunità, liturgia, missione
La parrocchia… la pastorale parrocchiale… Puntini di sospensione… Mi fermerei qui, lasciandovi il compito di scoprire cos’è la parrocchia e quale dovrebbe essere la sua vita in buona salute (con tre parole, la sua pastorale), al di là dell’esperienza che ognuno di noi ne ha fatto o meno e che necessariamente ci segna (pare siamo fatti per essere impastati dalle esperienze che viviamo). Se, però, vi va di sapere cosa ne penso io, allora vado oltre i puntini di sospensione per riferire non tanto cosa dicono i documenti della Chiesa (importanti e da riprendere sempre), ma alcune riflessioni che tra me e me vado facendo, negli ultimi anni dal punto di vista proprio del parroco (che ha anche letto i documenti della Chiesa, quindi non dovrebbe discostarsi troppo da loro).
Innanzitutto, abbiamo un territorio: la parrocchia è definita da strade, piazze, vie, scuole, case, luoghi di lavoro, non a caso o secondo criteri legati a scelte affettive umane, ma da precisi confini tracciabili su una mappa delle città. È un fatto positivo: chi vive in quel territorio, sa in che modo la grande Chiesa lo raggiunge, cerca con sicurezza un parroco (non importa se è nuovo o quello di sempre), possono essere capite le esigenze degli abitanti di quel territorio e ad esse dedicarsi (per incarnare meglio il Vangelo). Qualcuno potrebbe pensare che ciò crei muri e divisioni… secondo me, i confini mi danno la certezza del mio impegno di parroco e mi aiutano a non evadere in altri impegni personali o pastorali a piacere.
I territori, però, e oggi capita sempre più spesso, possono essere abitati da individui isolati, anche se vivono nella stessa via o addirittura pianerottolo (facciamo anche casa). Quindi, oltre il territorio abbiamo le persone che, grazie all’azione di Cristo in loro, hanno capito di essere legate le une alle altre, perché Cristo le ha chiamate e le ha unite dal Suo Spirito. Ecco che l’ente giuridico parrocchia è meglio individuato come comunità parrocchiale, fatta da persone in carne e ossa che abitano in quel territorio (magari qualcuna no, ma è la benvenuta se vi si trova bene) e che, insieme al parroco ed eventuali altri preti che il vescovo manda, vogliono provare a vivere, oggi, nel terzo millennio, l’esperienza di coloro che hanno vissuto con Gesù: essere arricchiti da Lui per vivere come Lui.
Allora, nasce la Liturgia: in essa ascoltiamo la Parola di Dio, perché Gesù ci arricchisce parlandoci, in essa mangiamo l’Eucarestia, perché Gesù ci arricchisce sfamandoci, in essa cambiare stile di vita con il Perdono di Gesù, perché Lui ci arricchisce orientando al meglio e al bene le nostre scelte. Ma uomini e donne così ricchi di Gesù, se hanno ascoltato bene la Sua Parola e si lasciano ancora guidare dal Suo Spirito, possono mai pensare solo a se stessi e ai problemi della loro famiglia? Ecco, quindi, che si mettono in stato di missione: chi aiuta i più piccoli e i più giovani a scoprirsi parte di questa comunità e a lasciarsi arricchire da Gesù, magari anche aderendo a qualche associazione cattolica; chi si preoccupa di accogliere i poveri e farli conoscere a tutta la comunità, chi cerca di rendere bella la Liturgia cantando e suonando; chi si mette accanto a chi ancora non si è lasciato arricchire da Gesù, spiegando la Parola, i segni dei sacramenti, in che modo Gesù ci aiuta a compiere certe scelte difficili; chi cerca d’incontrare chi è lontano da Gesù e dalla Chiesa per dialogare con loro e scoprire se già Gesù ci unisce in qualcosa, chi si impegna per i problemi del territorio parrocchiale e li fa conoscere agli altri; chi si dedica ai più deboli e malati e sofferenti della comunità, facendoli sentire cercati e voluti bene e portando loro le ricchezze di Gesù.
Territorio, Comunità, Liturgia, Missione… e tornano i puntini di sospensione perché ognuno possa riflettere su queste quattro parole per definire meglio la pastorale parrocchiale.
Luca Tuttobene