Politica

Pubblicato il 23 Settembre 2019 | di Agenzia Sir

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Il cattolicesimo dentro la modernità

Sono passati sessant’anni dalla morte di don Luigi Sturzo. Il ricordo e lo studio della sua figura possono trovare adeguato sviluppo e forma compiuta attraverso un’opera che spetta alle nuove generazioni di credenti: rileggere il suo pensiero per tentare di attualizzarlo nel nostro contesto. Difatti, sono tante le lezioni sturziane che ai nostri giorni potrebbero consentire ai cattolici – e non solo a loro – da un lato di districarsi nella rovinosa scena politica odierna, dall’altro di generare una visione culturale e progettuale utile per il futuro del Paese.

Per avviare tale operazione, il punto di partenza risiede nella “spiritualità integrale” proposta dal presbitero di Caltagirone. A parere di Sturzo, infatti, il cristiano non può separare l’azione dalla contemplazione, l’opera di carità dalle pratiche di devozione. Così, nel credente, la spiritualità accresce una sensibilità in grado di includere – in una visione unitaria – l’essere più intimo e l’agire pubblico. La spiritualità integrale vissuta da Luigi Sturzo fu fermento vivo su cui si sviluppò il piano politico aconfessionale del Partito Popolare. L’intenzione dei popolari era quella di avanzare una nuova compagine partitica che prendesse le mosse dal modo cristiano di concepire la democrazia. Non si trattava di occupare una zona di mediazione fra fede e storia, bensì di rappresentare le istanze e le sensibilità sociali, culturali ed economiche radicate fra i credenti e di presentarle nella forma di programma politico accessibile anche da chi cristiano non era. Connessa al principio dell’aconfessionalità, per Sturzo vi era la ferma convinzione che il cattolicesimo dovesse ricercare una concezione e una vitalità – culturale, sociale e politica – consona al progredire della storia. Difatti, a parere del sacerdote siciliano, i cattolici erano chiamati a seguire il progresso naturale dei tempi, a non attardarsi in stili di vita e in linguaggi ormai superati, e a piantare nella modernità lo spirito evangelico. Questa prerogativa sturziana – come sostiene Massimo Naro nel recente volume da lui curato per i tipi de “Il Mulino” e intitolato “Il municipalismo di Luigi Sturzo. Alle origini delle autonomie” – può essere sintetizzata con il termine conversione: «Non conversione del cattolicesimo alla modernità (alle sue istanze, alle sue ragioni), ma conversione – appunto riforma, rinnovamento, revisione – del cattolicesimo nella modernità». Se è doverosa, a sessant’anni dalla morte di Sturzo, l’opera volta al ricordo e allo studio dei suoi straordinari insegnamenti, sembra ancora più importante prendere esempio da questi per discernere la realtà presente e, quindi, per ripensare una proposta e una presenza pubblica cristianamente ispirata destinata a generare frutti significativi sul versante sociale e politico. Le parrocchie, le aggregazioni cattoliche e le diocesi sparse su tutto il territorio nazionale sono invitate a divenire le principali protagoniste dell’impegno per la riscoperta e l’attualizzazione della prospettiva sturziana. Il tempo stringe, c’è molto da fare!

Rocco Gumina

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