Politica

Pubblicato il 14 Ottobre 2019 | di Vito Piruzza

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Quale peso ha il titolo di studio nella difficile arte della politica?

Quest’anno curiosamente, l’inizio dell’anno scolastico ha coinciso con i primi passi de  nuovo governo, e le due realtà hanno registrato un punto di contatto un po’ particolare. L’occasione l’ha data la nomina a Ministro delle politiche Agricole di una deputata, la signora Bellanova, che nel curriculum dichiara come titolo di studio la licenza media inferiore.

Apriti cielo! I social sono stati inondati da tesi discordanti (per la verità perfettamente sovrapponibili agli schieramenti politici, cosa che francamente ne sminuisce le argomentazioni) da una parte chi si scandalizza per l’affidamento di un dicastero a una persona senza titolo di studio dall’altra i sostenitori della scuola della vita…

La signora Teresa Bellanova infatti dopo la licenza media non ha potuto continuare gli studi, ma ha cominciato a lavorare come bracciante agricola e da lavoratrice dei campi ha cominciato il proprio impegno sindacale durato oltre 30 anni poi seguito dall’impegno politico come parlamentare da 13 anni e con una esperienza di governo come sottosegretaria al Lavoro per due anni. Il curriculum è fitto e variegato, fittamente intessuto di impegno sociale, ma in effetti l’unica carenza riguarda il titolo di studio.

I detrattori argomentano: abbiamo voglia di dire ai nostri figli di studiare per farsi strada nella vita quando poi vengono proposti esempi di persone che senza avere studiato raggiungono posizioni di vertice nella società … L’argomento può avere una sua suggestione, ma vale la pena di rifletterci su. È vero che la scuola è molto di più del titolo che vi si consegue, è una palestra di cultura, ma anche di sacrificio, educa alla disciplina e alla tenacia nel conseguimento del risultato, quindi è un ottimo indicatore della qualità della persona e in questo senso non c’è dubbio che avere alle spalle un percorso completo di studi è un attestato meritocratico; la domanda semmai è: non avere un percorso di studi completo è di per se indicativo di mancanza di qualità?

Ebbene io distinguerei tra chi avendone la possibilità ha deciso di non studiare per svogliatezza o mancanza di curiosità e interesse, e chi pur avendo voglia di apprendere e curiosità non ha avuto la possibilità di studiare. La nostra storia conosce grandi personaggi come Di Vittorio che da autodidatta ha creato il sindacato in Italia. Altro problema è: atteso che le scelte tecniche sono appannaggio dei dirigenti e ai politici compete il discernimento tra le opzioni per attuare una visione della società ispirata ai propri valori di riferimento, esiste un percorso di studi che “prepara” alla politica? Ebbene direi di no! In passato i partiti tradizionali gestivano la formazione dei loro quadri con percorsi formativi specifici che preparavano alla difficile arte dell’amministrare, adesso purtroppo non è più così e la lacuna si vede ad occhio nudo.

Negli anni ’80 e ’90 anche la Chiesa ha offerto questo servizio, con una rigogliosa fioritura di scuole di formazione politica come la nostra gloriosa scuola “Vittorio Bachelet” cui ho partecipato prima da allievo e poi da segretario organizzativo, un servizio altamente meritorio.

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