Società

Pubblicato il 15 Ottobre 2019 | di Agenzia Sir

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Restituire centralità all’istruzione

Curiosa coincidenza: la prima campanella che ha dato dare il via alle lezioni nelle scuole italiane è suonata quasi in coincidenza con quella che dà il via al nuovo governo e in particolare alla nuova gestione del ministero dell’Istruzione.

C’è un nuovo inquilino che sta misurando a grandi passi le stanze ministeriali: Lorenzo Fioramonti, 42 anni, già viceministro con delega sull’accademia nel precedente governo. Appartiene ai 5 Stelle e forse nei mesi scorsi ha patito un po’ nel dicastero retto da Bussetti. Adesso però ha le chiavi di casa e si trova gli onori e gli oneri di una macchina, quella dell’Istruzione, tra le più complesse del sistema Italia.

Fioramonti è partito subito con le dichiarazioni: «Ci vogliono investimenti subito, nella legge di Bilancio: due miliardi per la scuola e uno almeno per l’università. Lo dico da ora: se non ci saranno, mi dimetto». Così riferiscono i media, che annotano anche come la ricerca di nuove risorse dovrebbe passare – secondo il neo ministro – anche da tasse di scopo, ad esempio “sugli snack” e le bibite gasate o sui voli aerei che inquinano. Idee, peraltro, che circolano da tempo.

Certamente il ministro ha ragione quando afferma che «non c’è tempo da perdere, per cambiare servono fondi, siamo uno dei Paesi europei che spende di meno per la scuola. Non possiamo continuare ad avere ricercatori precari di 45 anni, o professori non di ruolo che cambiano ogni due mesi. Ci vuole prospettiva e continuità». Sicuramente, con questo pensiero ben chiaro davanti, dovrà comunque prima dedicarsi a far partire al meglio l’anno scolastico, risolvendo il nodo del selva-precari e poi di volta in volta tutte le piccole e grandi magagne che si annidano tra i muri del mondo scolastico. E parlando di muri, perché non ricordarsi che anche questi vanno monitorati? Poiché la situazione dell’edilizia scolastica è un’altra emergenza del nostro sistema.

Allora, ministro Fioramonti, non perda la bussola: servono soldi. Questo è davvero il primo problema da affrontare. La logica delle pezze qua e là, a volte inevitabile, non può pagare troppo a lungo: la scuola italiana ha bisogno di una visione strategica che non va confusa con le innumerevoli riforme e controriforme, piccole e grandi, succedutesi di ministro in ministro. Prima di tutto servono i soldi, cioè la determinazione dell’intero Governo (e del Paese) che quello dell’Istruzione è un comparto decisivo per la nostra società, per i giovani, per il futuro.

Ecco la scommessa che ci augureremmo venisse affrontata: (ri)dare centralità alla scuola e agli insegnanti, al sistema scolastico e universitario. Magari anche senza l’urgenza di mettere il marchio di qualche riformicchia sulla propria permanenza in Viale Trastevere. C’è da pensare che la scuola si prenderebbe volentieri un tempo sabbatico tra modifiche all’alternanza scuola-lavoro, all’esame di maturità, fino all’inserimento dell’educazione civica e chi più ne ha più ne metta.

A condizione che ci sia l’impegno chiaro a convincere tutti che servono risorse e a trovarle. Poi di nuovo ci si potrà scatenare a cambiare e ricambiare le carte in tavola, cercando il meglio. Buon lavoro.

Alberto Campoleoni

 

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