Politica

Pubblicato il 18 Ottobre 2019 | di Agenzia Sir

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L’Italia ha bisogno di crescita e coesione. Il governo Conte-bis alla prova dei fatti

Il secondo governo Conte ha appena iniziato il suo percorso e non sarebbe intellettualmente onesto negargli un’apertura di credito. È nato in una situazione molto problematica e con non poche contraddizioni, ma bisogna avere la memoria veramente troppo corta per non ricordare quant’è stata faticosa, contrastata, piena di giravolte e assai più lunga la genesi del precedente esecutivo. Un nuovo governo che prende il via si trova all’incrocio di preoccupazioni e di attese, di delusioni e di speranze.

Il Paese ha bisogno di crescita e di coesione, come ha sottolineato lo stesso Capo dello Stato, perché la brusca interruzione del governo giallo verde ha lasciato un’Italia economicamente ferma e socialmente, culturalmente divisa. Il nuovo governo, quindi, andrà giudicato nella misura di quanto sarà capace di fare su questo duplice terreno, non sulla base di un “a priori” ideologico. Perché questo giudizio onesto e libero sia possibile, però, è necessario sgombrare il campo da alcuni pregiudizi che continuano a presentare come antidemocratico (se non addirittura illegittimo) il nuovo esecutivo, in quanto non deciso dagli elettori e frutto di una manovra di palazzo progettata da mesi. Su quest’ultimo punto la verifica dei fatti (la chiamano fact-checking ma di questo si tratta) si fonda su un’evidenza: se l’8 agosto a Salvini non fosse venuto in mente di far saltare tutto sorprendendo anche molti dei suoi, adesso sarebbe ancora in carica il governo giallo-verde. Qualsiasi interpretazione su quel che è accaduto dopo quella data, non può prescindere dalla presa d’atto che è stato il leader leghista a innescare il processo con una decisione in solitaria.

L’altro aspetto è più sottile e per questo più insidioso. Perché a essere sbagliata è innanzitutto la premessa generale: la Costituzione italiana, infatti, non prevede l’elezione diretta del governo. I cittadini eleggono i loro rappresentanti che formano il Parlamento e nel Parlamento nascono i governi. Se dalla premessa generale si passa al caso specifico, è doveroso ricordare che nelle elezioni del 4 marzo 2018 nessuno ha potuto votare per un governo M5S-Lega, per il semplice motivo che i due partiti si presentavano agli elettori autonomamente e in competizione tra loro. Anzi, la Lega ha raccolto i sui consensi facendo parte di un’altra potenziale coalizione di governo, formalmente dichiarata prima del voto, quella del centro-destra. Successivamente, in Parlamento si è costituita una maggioranza formata dal partito più votato (il M5S) e dal terzo partito (la Lega) per numero di consensi e questa maggioranza ha espresso il governo. Analogamente, nei giorni scorsi abbiamo assistito a un accordo politico tra il partito più votato (il M5S) e il secondo per numero di consensi (il Pd), con l’apporto anche di un’altra formazione (Leu) e su questa maggioranza è nato il nuovo esecutivo. A cui in termini di legittimità e democraticità non si può proprio contestare nulla. Adesso però dovrà dimostrare che cosa è capace di fare.

Stefano De Martis

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