Cultura

Pubblicato il 18 Ottobre 2019 | di Saro Distefano

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Scateniamo la bomba di creatività, patrimonio dei nostri ragazzi

Conosco, e anche bene, la scuola pubblica. Almeno quella ragusana. E non perché, o non solo perché, sono stato alunno e studente per anni e anni (un intero cursus honorum: asilo nido, materna, cinque anni di elementari, tre di media, cinque di liceo e quattro di università). E non perché genitore di un alunno attualmente al ginnasio. E non perché già componente del Consiglio di istituto di una scuola media ragusana. Mi vanto di conoscere bene la scuola pubblica ragusana perché sono, e sono felicissimo di esserlo, “esperto esterno” nominato da due istituti scolastici ragusani oltre che collaborare con almeno altri tre. Quindi una prospettiva molto privilegiata. Essere esperto esterno comporta infatti l’essere un professore, un maestro, insomma, un insegnante, ma a tempo determinato. Non solo. Il consulente, e con me tanti altri, prende un impegno limitato nel tempo e soprattutto nella materia: non si va a scuola a fare lezioni di italiano, o di astronomia, o di fisica. Per esempio: nel mio caso specifico a scuola vado a spiegare la storia del territorio camminando, andando in giro per cave e miniere, per fiumi e foreste. Perché questa lunga, troppo lunga introduzione? Per dire che posso testimoniare come gli alunni (le eccezionali quarte e quinte elementari, le simpatiche terze medie, le insopportabili terze e quarte liceo) sono bombe di creatività, infiniti serbatoi di idee, fortissimi stimoli per noi adulti oltre che, ovviamente, per i loro coetanei.

Gli insegnanti non saranno d’accordo con tali affermazioni. E non avranno torto se solo si prende ad esempio la non indifferente difficoltà di completare i quadrimestri e alla fine dell’anno scolastico financo le singole ore di una normale giornata di scuola. Per loro gli studenti, non tutti ma la gran parte (almeno se guardiamo a questi ultimi decenni), sono svogliati, superficiali, quando non insofferenti. Ed è proprio così. La differenza, epperò notevolissima e discriminante, è data dal fatto che il consulente esterno, il cosiddetto “esperto”, ha la fortuna, il privilegio e l’enorme vantaggio di non essere visto come un professore. Non ha un registro davanti (seppure ormai elettronico), non metterà voti e le domande le farà solo per stimolare la discussione, per verificare che si trova egli stesso sulla giusta strada.

L’esperto esterno la pone sul piano del divertimento, del passare un giorno lontano dai banchi e magari a correre sulla sabbia di Randello. L’ho definito un privilegio, e confermo. Aggiungo solo che la mia esperienza (che ho sovente condiviso con “colleghi” esperti pure loro) potrebbe essere un punto certo e fisso dal quale partire per rivedere l’impostazione dell’attività scolastica, anche al di là delle prossime riforme della scuola. Sono certo arriveranno: non esiste nuovo governo che non metta mano, sin da subito, a quella che parrebbe da mezzo secolo la madre di tutte le riforme. Quella della suola pubblica italiana.

 

 

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Autore

Nato a Ragusa nel 1964 è giornalista pubblicista dal 1990. Collabora con diverse testate giornalistiche, della carta stampata quotidiana e periodica, online e televisive, occupandosi principalmente di cultura e costume. Laureato in Scienze Politiche indirizzo storico, tiene numerose conferenze intorno al territorio ibleo.



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