Vita Cristiana

Pubblicato il 13 Novembre 2019 | di Agenzia Sir

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All’Hospice del Paternò Arezzo celebrato San Martino

 

Il mantello rosso di San Martino

Il mantello, non poteva essere altrimenti, è stato il punto di riferimento delle celebrazioni in onore di San Martino, uno speciale “mantello” che avvolge l’altro e se ne prende cura. La celebrazione, dedicata alle cure palliative, è stata curata dall’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute e si è tenuta all’Hospice del Maria Paternò Arezzo. Una missione che sta già tutta nel termine perché “palliative” deriva da “pallium”, il mantello che il santo di Tours regalò a un mendicante infreddolito.

L’evento è stato molto partecipato e al contempo emozionante proprio per ricordare l’importanza di un caloroso abbraccio d’amore che copre, circonda e protegge. Un mantello rosso ha fatto da filo conduttore all’iniziativa. «Il mantello – ha spiegato il direttore della Pastorale della salute, don Giorgio Occhipinti – rappresenta, con riferimento a San Martino, il nostro impegno a prenderci cura dei malati e delle loro famiglie. Infatti, ciascuno dei presenti ha voluto firmare questo mantello, a cominciare dal direttore generale dell’Asp di Ragusa, Angelo Aliquò, che ringrazio per la sua preziosa presenza assieme ai componenti dell’Ufficio Diocesano che hanno contribuito alla realizzazione dell’iniziativa. Un ringraziamento anche al personale del reparto, ai malati, alle famiglie, a Radio Karis, a The Marvs e allo scrittore Michele Arezzo che ci ha intrattenuti».

 

Il quadro della maestra Avellina, rappresentante San Martino di Tours

È stato, oltre al mantello, un quadro, realizzato dalla maestra Laura Avellina, componente dell’ufficio per la Pastorale della Salute, a caratterizzare l’evento, mettendo in evidenza due aspetti (attraverso le figure dei mendicanti) delle cure palliative, vale a dire l’aspetto medico e quello spirituale, cioè la cura e il prendersi cura. «Quella che si cura – ha sottolineato il vicedirettore dell’ufficio diocesano, Antonella Battaglia – non è la malattia ma la persona che si ammala di una malattia purtroppo non guaribile ma che non per questo motivo non è curabile». «Il mantello che oggi vediamo qui in evidenza – ha voluto mettere in luce il manager Aliquò – rappresenta un simbolo molto importante. Ogni tanto lo ricordo a me stesso e ai miei medici che la persona che ha bisogno di cure deve pure potere contare su una buona accoglienza. Per questo è opportuno che tutti noi facciamo un esame di coscienza per svolgere al meglio la nostra parte».

Lo scrittore Arezzo ha aggiunto: «Nella vita di tutti i giorni raccontiamo e ascoltiamo storie. Siamo figli, lo possiamo dire, della narrazione. Bene, mi sentirei di dire che ogni racconto è una piccola cura. Ci porta via dalla vita che stiamo vivendo in quel momento e ci fa immergere in un’altra dimensione. Abbiamo bisogno, periodicamente, di andare altrove con la testa. Anche, e soprattutto, quando siamo ammalati e una buona storia ci corre in soccorso facendoci immergere in un mondo lontano dalle nostre difficoltà contingenti». Una iniziativa, insomma, che ha colto nel segno e che ha messo in luce come il concetto di cure palliative, a maggior ragione al giorno d’oggi, abbia bisogno di essere sdoganato dall’accezione comune e reso inquadrabile con i percorsi di chi ha bisogno. Alla fine, il cibo tradizionale e caratteristico di questa giornata, quella di San Martino appunto, è stato messo a disposizione dei presenti.

 

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