Vita Cristiana

Pubblicato il 17 Dicembre 2019 | di Redazione

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Il “muto linguaggio” di San Giuseppe

Parole pronunciate da San Giuseppe non ci vengono riportate dai vangeli, è l’uomo del silenzio. Se da un lato questo appellativo si addice alla sua figura, dall’altro però non può essere la via sbrigativa per “sbarazzarsi” di lui, come se non ci fosse niente da dire. Questa espressione, precipitosa e superficiale, mette il santo in ombra, quasi insignificante nel mistero dell’Incarnazione. Eppure l’immenso patrimonio giosefologico e della spiritualità giosefina, fin dai primi secoli della Chiesa, attesta l’esatto contrario, che cioè egli, dopo la Vergine santissima, è il primo depositario del mistero di Dio, testimone oculare degli inizi della Redenzione, custode dei sacri misteri e dei tesori preziosi di Dio, «egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della Redenzione» ed è veramente «ministro della salvezza»” (RC 8).

Calzante l’ossimoro di papa Paolo VI quando, parlando del santo, utilizzò l’espressione: “muto linguaggio”, perché il silenzio di Giuseppe in realtà ha una speciale eloquenza. Cosa ha detto questo giovane sposo e padre? Cosa ha da dirci ancora? Una sola parola: Gesù. «Era, questo, un nome conosciuto tra gli Israeliti ed a volte veniva dato ai figli. In questo caso, però, si tratta del Figlio che – secondo la promessa divina – adempirà in pieno il significato di questo nome: Gesù – Yehossuà, che significa: Dio salva” (RC 3).

Una sola parola? Un semplice nome? No affatto. Gesù è il nome al di sopra di ogni altro nome (cf. Fil 2), compendia tutti i nomi di Dio e dunque ogni ginocchio si pieghi e lo proclami. È quello che ha fatto San Giuseppe, insieme a Maria; lo ha pronunciato tantissime volte, addirittura solo a lui è stato dato l’ordine, il privilegio e l’onore di imporre il nome al Bambino. «Questo nome è il solo nel quale si trova la salvezza (cfr. At 4,12); ed a Giuseppe ne era stato rivelato il significato al momento della sua «annunciazione»: «E tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai i suoi peccati» (Mt 1,21). Imponendo il nome, Giuseppe dichiara la propria legale paternità su Gesù e, pronunciando il nome, proclama la di lui missione di salvatore” (RC 12). Di fronte a questo nome, Giuseppe si inginocchiò tante volte, tutto iniziò a Betlemme in quella umile stalla.

È bello vedere nei nostri presepi questa insigne figura in ginocchio, che contempla, sorveglia, custodisce e adora. Chissà quante volte, negli anni dell’infanzia, della fanciullezza e della giovinezza di Gesù, San Giuseppe si è chinato verso il Salvatore, quante volte ha piegato il suo ginocchio per servire l’Autore della Salvezza. Lui, il padre, si fa figlio del figlio. Indicibile l’onore ricevuto da Gesù stesso, Giuseppe infatti fu venerato da colui che in eterno è adorato dagli angeli e dai santi. La Chiesa greca così lo invoca: “Annuncia, o Giuseppe, i prodigi che i tuoi occhi hanno contemplato… prega Cristo Dio, affinché le nostre anime siano salve…”. Parlaci, o Giuseppe, dacci la Parola che salva, Gesù tuo figlio!

Paolo Antoci

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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