Cultura

Pubblicato il 16 Gennaio 2020 | di Vito Piruzza

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Lib(e)ri a Ragusa, la vetrina degli autori e degli editori iblei

In un periodo in cui sia le politiche pubbliche che la considerazione comune tende a relegare la cultura in una nicchia di celebrazione autoreferenziale o peggio nel dimenticatoio, affermare la valenza sociale e liberatrice della cultura è di per se stesso meritorio.

Come meritoria è l’iniziativa che da anni si svolge a Ragusa e che quest’anno è andata in scena tra il 26 e il 29 di dicembre, arrivata alla sesta edizione; iniziativa che coinvolge tutte le case editrici del territorio e serve da vetrina per la produzione editoriale della nostra provincia. Le case editrici locali, pur barcamenandosi tra mille difficoltà di ordine economico, spesso nella totale assenza di promozione pubblicitaria, compressa dalla presenza preponderante delle ben più note e attrezzate case editrici nazionali, svolgono, spesso nell’ombra, un insostituibile ruolo di inveramento della cultura nel territorio, di stimolo alla sempre più sbiadita memoria locale, di sostegno e canale di espressione dei tanti autori della nostra comunità che altrimenti non avrebbero possibilità di esprimere le loro spesso sorprendenti doti.

Benvenuta quindi anche quest’anno questa iniziativa che ha avuto un prologo interessante nella visita al Palazzo della Prefettura guidata dall’ottimo professore Giorgio Flaccavento che ha incentrato la presentazione sul rapporto tra il Cambellotti e le maestranze locali decantate dall’artista romano che in una lettera privata definiva “intelligentissimi”; la normale prosecuzione è stata la mostra a Palazzo Garofalo delle Xilografie di Antonino Cannì, uno degli autori apprezzato da Duilio Cambellotti. La rassegna è proseguita con la presentazione di diverse opere a contenuto letterario, come quelle di Grazia Dormiente, Antonio Di Grado, Gianfranco Iacono, Emanuele Cavarra, Corrado Calvo, Angelo Aliquò, ma anche saggi come le opere di Giovanni Di Stefano sul periodo romano, di Laura Barone su Maria Occhipinti o di attenzione al territorio come le opere sull’Architettura Rurale a Vittoria o su Cava San Leonardo o l’annuario storico santacrocese.

Insomma una immersione intensa e piacevole in questa iniziativa che per dirla con gli organizzatori «è la roccia su cui tanta produzione culturale può fondarsi e crescere perché permette alla città di parlare attraverso i libri degli autori della nostra comunità, perché ci consente di capire come leggiamo il mondo dal nostro angolo di terra; perché ci permette di offrire al mondo la nostra diversità e contribuire ad evitare l’uniformità a cui la globalizzazione ci spinge».

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