Società

Pubblicato il 22 Gennaio 2020 | di Rosanna Massari

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La legalità come frontiera educativa

In un’ottica di attenzione ad una didattica aperta ed integrata la biblioteca scolastica  in ogni ordine e grado di scuola si configura come luogo di incontro tra i saperi. Nelle scuole secondarie di secondo grado le proposte si affinano, in linea con l’educazione alla ricerca oltre che alla lettura, così tra le attività da proporre  si possono prendere in considerazione anche incontri con gli autori, al fine di mettere al centro, insieme all’attenzione e all’amore per la lettura, riflessioni su tematiche di attualità di considerevole rilievo nella formazione degli studenti. Il Progetto Biblioteca del Fabio Besta di Ragusa, curato per il corrente anno scolastico delle Prof.sse Rosanna Massari e Donatella Ventura, si è posto anche questo obiettivo, infatti sono stati realizzati incontri con gli autori per classi parallele. L’articolo 3 della legge 92 del 2019 relativa all’insegnamento scolastico dell’educazione civica prevede, tra le tematiche di riferimento per lo sviluppo delle competenze e degli obiettivi specifici di apprendimento, l’educazione alla legalità e al contrasto delle mafie. L’insegnamento della legalità costituisce una delle frontiere educative più importanti e ha l’obiettivo principale di creare un circolo virtuoso fra i giovani cittadini e le istituzioni per incentivare l’assunzione di responsabilità del singolo verso la collettività. A tal proposito si è pensato di proporre, per le quinte classi dell’Istituto, un incontro con un autore davvero speciale,  il dottor Giuseppe Antoci, ex Presidente del Parco dei Nebrodi e attuale Presidente emerito della Fondazione Caponnetto.  Il Dott. Antoci, autore del libro ‘La mafia dei pascoli’ scritto con il giornalista Nuccio Anselmo, è stato e continua ad essere uno dei più importanti protagonisti della lotta contro la mafia degli ultimi anni. Il suo arrivo è atteso da tutta la scuola con ansia, i docenti hanno adeguatamente preparato gli studenti all’incontro. Dopo i saluti e la breve presentazione da parte della Dirigente, Dott.ssa Antonella Rosa, il Dott. Antoci si è rivolto con molto calore ai giovani studenti, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua esperienza.  Nel 2013 viene nominato Presidente del Parco dei Nebrodi e questa designazione rappresenta per lui una sfida, un’occasione straordinaria per fare risorgere una realtà che trova in stato di abbandono, dopo anni di commissariamento. Non pensava comunque di andare a ricoprire un ruolo, di tutela dell’ambiente e sviluppo del territorio, e poi trovarsi ad avere una vita così complicata. Nel rimettere i conti a posto, emergono ben presto gli affari di note famiglie di Cosa nostra sul territorio. Nel 2014 ha introdotto nel Parco un protocollo per l’assegnazione degli affitti dei terreni, che prevede la presentazione del certificato antimafia anche per quelli di valore inferiore a 150.000 euro, bloccando l’uso delle autocertificazioni antimafia (ovviamente false). Il Protocollo, che interrompe un enorme flusso di denaro e porta a decine di interdittive antimafia, nasce anche dalla decisione di mettere le mani dove nessuno le aveva volute mettere. Intanto, mentre lavorava al Protocollo, sono cominciate ad arrivare lettere minatorie e dal 2014 Antoci è stato messo sotto tutela. “Essere sotto scorta, ha affermato Antoci, significa non essere uomini liberi. Non si vive, non si possono fare le cose che si amano, ci si sente come un pacco esplosivo che gira. Io amo andare a cavallo e non sapete quanto pagherei oggi per fare una passeggiata sul dorso di un cavallo”. Questo “Protocollo di legalità” il c.d. “Protocollo Antoci”, nel settembre 2016, è stato esteso a tutta la Sicilia. Successivamente, il 18 maggio 2016, Antoci è stato vittima di un attentato mafioso, dal quale è uscito illeso grazie all’auto blindata e all’intervento della scorta, che lui ha definito ormai come parte integrante della sua famiglia. Il “Protocollo” è stato recepito dal nuovo codice antimafia il 27 settembre 2017 e adesso è applicato in tutta Italia. “Purtroppo gli affari, ha sottolineato il Dott. Antoci, coinvolgono anche l’Europa, già da tempo.Non dobbiamo dimenticare che Jan Kuciak e la sua fidanzata sono stati giustiziati in Slovacchia per questa vicenda. Kuciak stava lavorando sui fondi europei, a quelli in mano alla ‘ndrangheta. Ho saputo in seguito che sopra la tastiera aveva un bigliettino con su scritto ‘Protocollo Antoci’. Se non si crea quindi una normativa antimafia seria, europea, avanzata, dignitosa, copiandola anche dalla nostra, continueranno ad andare in altri Paesi e a comprare terreni là, mentre noi qua glielo abbiamo vietato”. Rivolgendosi ai ragazzi, Antoci ha detto: «Sapevo che avrei rischiato la vita facendo determinate scelte. Quando la situazione è divenuta critica,  ho chiesto alla mia famiglia se avessi dovuto  smettere e la mia figlia maggiore, dopo una lunga notte di confronto con le sorelle, mi ha detto: «Continua papà. Noi siamo con te!» Il noi delle mie figlie è il noi di tutti voi che nel vostro piccolo potete fare molto, non per il vostro futuro, ma per il vostro presente!».   Lo ha svelato con la voce rotta dalla commozione Antoci che, agli studenti del Besta, ha parlato del valore della legalità e del senso della scelta: « Voi siete il quadro di quella legalità che rischia ogni giorno di essere sfregiata. Bisogna dare speranza a voi giovani, devono essere eliminati i soprusi. Qualcuno può dire ‘Ma si rischia la vita’, e allora? Dobbiamo decidere da che parte stare. Vale la pena mettere a rischio la propria vita per difendere la legalità. L’antimafia si pratica, non si predica. Alle persone, ai vostri genitori, agli adulti dovete chiedere cosa hanno fatto contro la mafia. Quello che manca nella lotta contro la mafia è il salto culturale. Ognuno di noi deve trasmette cultura antimafia, ognuno nella propria realtà. Nella vita non si educa con quello che si fa ma con quello che si è! Oggi, qui stiamo facendo questo. Il migliore strumento che possediamo per portare avanti questa lotta è la Costituzione. La lotta alla mafia si fa applicando i principi della Costituzione” – ha concluso il Dott. Antoci. Una platea assorta e silenziosa, talora commossa ha seguito l’appassionato intervento di Giuseppe Antoci, per il quale non sono mancati calorosi applausi di vicinanza e di consenso. Significativo l’intervento del presidente del presidio di Libera di Ragusa, Simone Lo Presti, che ha sostenuto con le sue parole quanto sottolineato dal Dott. Antoci.  Veramente ammirevole, inoltre, l’attenzione prestata dagli studenti che non hanno esitato a porre domande chiarificatrici al gradito ospite. Senza escludere il valore e la significatività di tutti gli interventi, mi sembra esemplare riportare la domanda di uno degli studenti intervenuti che ha chiesto: “Per il futuro, nella lotta contro la mafia, saranno necessarie persone competenti o coraggiose?”. Il Dott. Antoci ha risposto facendo riferimento ad un intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’assegnazione del Premio Ambrosoli. Il Presidente ha sottolineato l’importanza della scelta, non scegliere non dà alcun aiuto alla lotta contro la mafia. Il dott. Antoci ha aggiunto: “Siamo 6 milioni di siciliani contro 7000 schifosi mafiosi. La nostra ribellione potrebbe annientarli, invece spesso chi lotta viene delegittimato. E’ accaduto a me come è accaduto ad altri prima di me.  Io mi sento onorato e nello stesso tempo inadeguato nel ricoprire la carica di Presidente onorario della Fondazione Caponnetto, ma come è stato detto La Fondazione deve portare la fiaccola caduta dalle mani di Giovanni di Paolo”.  Parole veramente significative e toccanti che ci fanno ulteriormente riflettere, che ci porteremo nel cuore come segno indelebile di questo incontro con il proposito di non arrenderci nella nostra lotta quotidiana contro ogni tipo di sopruso e illegalità.

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