Pubblicato il 11 Febbraio 2020 | di Redazione
0Il testamento spirituale di Lucia: «O Dio, grazie per questa vita, la mia»
“Mi sento una ragazza libera e felice, di essere in questo mondo.
Amo la gente che è allegra e vivace, perché anche io mi sento un po’ come loro.
Io almeno non mi nascondo come fa certa gente che non sa vivere,
che non sa cosa sia la felicità di avere una vita tutta sua.
Vorrei tanto amare ed essere amata come tutte le altre ragazze.
O Dio, tu che ascolti, vorrei che tu in questo momento sapessi ciò che ti voglio dire: grazie per avermi dato questa vita, la mia”.
Lucia D’Amico
Lo scatto di un artista e un articolo su un giornale del quale sconosceva l’esistenza: attraverso queste vie oggi possiamo leggere il testamento spirituale che Lucia ha affidato al mondo. Lucia è la ragazza che ha saputo vincere la sofferenza con un sorriso. Vito Finocchiaro lo ha sublimato in una fotografia della mostra “Vivrò d’amore” che racconta le storie dei volontari e dei pellegrinaggi dell’Unitalsi al santuario di Lourdes. Nel numero di Natale di Insieme abbiamo invitato, a pagina 28, i nostri lettori a visitare la mostra ospitata a Ibla. Presentando la mostra, abbiamo evidenziato l’intreccio delle vite delle persone con disabilità o ammalate e quelle dei volontari, la comune gioia nel trasformare le lacrime in sorrisi. Quella pagina, non sappiamo come, è finita a Mazara del Vallo tra le mani di un’amica di Lucia. Era la custode dei suoi pensieri. Lucia, quando è stato pubblicato il giornale, non c’era più. Ma aveva ancora qualcosa da dirci. E così, la sua amica Elena ha trovato le parole e la forza per raccontarci chi era quella ragazza sorridente ritratta da Vito Finocchiaro. E cosa Lucia voleva nel cuore:
«Lucia, un sorriso straordinariamente gioioso, e una grande voglia di vivere pienamente ogni istante, con la consapevolezza di avere una vita e solo questa, meritevole di essere amata e accettata. Cantava Lucia, cantava sempre, ovunque, la sua più grande passione, con quella voce da usignolo, riusciva inevitabilmente ad entusiasmare chi le stava intorno. Quante notti insonni passate insieme tra giochi e karaoke alle colonie, tantissime gite e pellegrinaggi vissute con uno spirito d’ avventura degno di un safari.
Dalla Riserva dello Zingaro alle Sagrada Familia di Barcellona, per Lucia nessuna meta era impossibile. Un corso di studi costante e un diploma magistrale, una famiglia amorevole e attenta, e allo stesso tempo disponibile e aperta, rispettosa della sua voglia di indipendenza.
“Perché ciò che il vero amore comporta è il rispetto della persona”.
Di questo Lucia ne è sempre stata consapevole, in famiglia, con gli amici, a scuola come in parrocchia. Lo ha sempre affermato e testimoniato. Lo ha preteso questo rispetto, lo ha sempre ottenuto con tenacia, ferrea nel suo principio che ripeteva infinite volte: “Non esiste limite o difficoltà che possa alterare la dignità dell’essere persona”.
È stata la sua grande battaglia. “Perché avere cura è protezione, non sostituzione, essa non deve limitare l’autonomia, ma agevolarla”. E queste parole Lucia le ha sapute convertire in un agire concreto, diventando lei stessa un esempio. Lucia, ha provato, sperimentato negli anni tutte le forme possibili di autonomia, valutato tutte le possibilità: la vita familiare, la vita in una comunità, la vita associativa.
Ha fatto le sue scelte in assoluta libertà e piena consapevolezza, e questo le ha dato la possibilità di maturare una grande serenità interiore che non rimanda in nessun modo ad una scontata rassegnazione. Papa Giovanni Paolo II affermava che nelle situazioni di più difficoltà emerge la dignità e la grandezza dell’essere umano. E Lucia è stata una grande donna, in ogni cosa, innamorandosi e provando tutte le possibili sfumature dell’amore. Nella poesia come nel canto ha dato sfogo a tutto il suo amore e al suo dolore. Nel messaggio per la Giornata mondiale delle persone con disabilità, Papa Francesco ha ricordato come “Ogni persona è unica e irripetibile e con forza e tenerezza bisogna farsi carico delle situazioni. È necessario però, rendere più umano il mondo, rimuovendo tutto ciò che impedisce loro una cittadinanza piena, gli ostacoli del pregiudizio, e favorendo l’accessibilità dei luoghi e la qualità della vita, che tenga conto di tutte le dimensioni dell’umano. Siamo chiamati a riconoscere in ogni persona con disabilità, anche grave, un singolare apporto al bene comune, attraverso la propria originale biografia”.
E la storia di Lucia è un inno alla vita, il suo vissuto è uno scrigno di ricordi indelebili, di sorrisi che nascono dal profondo del cuore, di una gioia di vivere che testimonia una vita esemplare fatta di amore, coraggio, tenacia ed entusiasmo, che persiste oltre la sua prematura morte, riuscendo ad imprimere nell’animo umano, la consapevolezza di quanto sia fondamentale nella vita l’attenzione alla persona».
Dott. Elena Gullo
Esperto dei Processi Formativi ed Educatore Professionale