Società

Pubblicato il 6 Marzo 2020 | di Vito Piruzza

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Dalla politica laica alla politica ai laici. Da cristiani cercando il bene comune

Dalla Donazione di Liutprando (anno 728) alla Breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) la Chiesa, zavorrata dal potere temporale, non ha potuto esercitare liberamente la distinzione tra ciò che competeva a Dio e ciò che competeva a Cesare. A mio avviso il 20 settembre dovrebbe essere celebrato dalla Chiesa come il momento della liberazione dalla terza tentazione, la ricerca del potere.

Non è un caso se da quella data la Chiesa sviluppa il suo pensiero sociale a partire dalla Rerum Novarum (1891) individuando nel magistero il proprio ambito di intervento e ponendosi il problema del ruolo dei laici cattolici nella vita sociale, un ruolo che per gli oltre mille anni del potere temporale era stato di fatto un ruolo ancillare e dipendente dall’ingombrante potere ecclesiastico.

Per paradosso la funzione di educatore al nuovo ruolo dei laici nella società civile viene ricoperto nel nostro Paese, che più di ogni altro ha subito l’influenza prima e la mancanza dopo del ruolo del Papa Re, da un sacerdote, Luigi Sturzo che già da fine Ottocento con grande rigore distingueva l’ambito religioso da quello civile, e quando nel 1919 fonda un partito di cattolici, impone che nel nome non ci sia nessun riferimento religioso (Partito Popolare), per lui infatti la politica deve essere profondamente ispirata dai principi cristiani, ma mantenersi laica.

Nel dopoguerra e solo per l’ansia di contrapposizione ideologica il partito dei cattolici, e con la ritrosia dello stesso Sturzo, assume nel nome la qualificazione religiosa (Democrazia Cristiana).

Con il Concilio si ha poi la grande rivalutazione del ruolo del laicato (Lumen gentium) cui viene affidato il compito di “cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali” e con Giovanni Paolo II l’affidamento di una chiara missione ai laici “… i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune.[…] Le accuse di arrivismo, di idolatria del potere, di egoismo e di corruzione che non infrequentemente vengono rivolte agli uomini del governo, del parlamento, della classe dominante, del partito politico; come pure l’opinione non poco diffusa che la politica sia un luogo di necessario pericolo morale, non giustificano minimamente né lo scetticismo né l’assenteismo dei cristiani per la cosa pubblica.” (Christifideles laici)

Sia chiaro che il riconoscimento dell’esclusiva delega ai “laici” delle incombenze dell’azione politica non deresponsabilizza gli ecclesiastici, su tutti incombe il dovere di dare testimonianza di virtù sociali e in particolare incombe sugli “ecclesiastici” una esclusiva funzione pedagogica in campo di etica sociale che immagino molto poco esercitata; mi sono sempre chiesto quante volte i confessori chiedano ai fedeli se contribuiscono correttamente a fornire i servizi alla collettività o invece evadono il fisco o se da imprenditori trattano con giustizia i dipendenti a cominciare dalla “giusta mercede” per finire al rispetto delle norme di sicurezza, o se custodiscono il creato o inquinano, se attuano la raccolta differenziata etc.

 

 

 

 

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