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Pubblicato il 22 Aprile 2020 | di Redazione

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San Giuseppe artigiano chiamato a sostenere i lavoratori e a custodire la vita lavorativa.

Mentre scrivo questa riflessione, abbiamo appena finito di celebrare la solennità di san Giuseppe del 19 marzo. Quest’anno una celebrazione sobria, intima, fatta in tono minore. L’emergenza Covid-19 non ci ha permesso di venerare il santo Patriarca come si è soliti fare annualmente nelle nostre città e nelle nostre comunità ecclesiali. Credo che quando questa riflessione andrà in stampa forse saremo ancora nell’emergenza e non sappiamo per quanto tempo e in che modo continuare. Mi presto a scrivere un pensiero in previsione dell’altra ricorrenza in onore di san Giuseppe, quella del Primo Maggio, la memoria liturgica di San Giuseppe Lavoratore. E’ una memoria facoltativa, è vero, dunque c’è il rischio che non viene presa in considerazione, ma proprio quest’anno sarebbe obbligatorio celebrarla. Spiego qui le ragioni.

Siamo innanzitutto nell’anno del 150° anniversario del patrocinio di San Giuseppe; nel 1870 papa Pio IX proclamò ufficialmente il nostro Santo a Patrono della Chiesa Universale. Sarebbe dunque un’altra occasione di grazia per ricordarci del Custode della Chiesa e seguirne l’esempio virtuoso di una vita fatta di dedizione per Cristo, per Maria e per l’intera Redenzione il cui fondamento è stato il Mistero dell’Incarnazione. Sarebbe anche un voler omaggiare il Santo con solenni onori visto che a marzo siamo stati impediti. La seconda ragione è dettata dal fatto che questo patrocinio oltre a invocarlo su tutta la Chiesa, bisogna ottenerlo anche per il mondo lavorativo, soprattutto in questa situazione economico-sociale difficoltosa che sta attraversando l’Italia e l’Europa. Il Covid-19 sta avendo delle ripercussioni nella vita lavorativa e redditizia di molte persone per via delle restrizioni governative alle attività economiche. E’ dunque importante invocare il Padre della Provvidenza, il Santo Carpentiere, a non disperare, ma a sostenerci con la sua intercessione in questimomenti di dura prova a lavoro e, per conseguenza, in famiglia.Terza ragione: la memoria sia punto di partenza per rileggere e riflettere la teologia e la spiritualità del lavoro. Nel Vangelo Gesù è chiamato «il figlio del carpentiere» (Mt 13, 55). In modo eminente nella memoria di san Giuseppe Lavoratore si riconosce la dignità del lavoro umano, come dovere e perfezionamento dell’uomo, esercizio benefico del suo dominio sul creato, servizio della comunità, prolungamento dell’opera del Creatore, contributo al piano della salvezza. Nella crescita umana di Gesù «in sapienza, in età e in grazia» ebbe una parte notevole la virtù della laboriosità, essendo «il lavoro un bene dell’uomo» che «trasforma la natura» e rende l’uomo «in un certo senso più uomo». L’importanza del lavoro nella vita dell’uomo richiede che se ne conoscano ed assimilino i contenuti «per aiutare tutti gli uomini ad avvicinarsi per il suo tramite a Dio, creatore e redentore, a partecipare ai suoi piani salvifici nei riguardi dell’uomo e del mondo e per approfondire nella loro vita l’amicizia con Cristo, assumendo mediante la fede viva una partecipazione alla sua triplice missione: di sacerdote, di profeta e di re» (RC 23).

Dopo la Famiglia, il lavoro viene immediatamente subito dopo, in quanto è una dimensione fondamentale della vita familiare e del singolo. Lascio ai lettori la riscoperta dell’insegnamento dottrinale sul lavoro sviluppato nella Gaudium et Spes, nel Catechismo della Chiesa Cattolica, nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, nelle Encicliche sociali, nelle allocuzioni dei pontefici, nei documenti dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI. Qui voglio solo ricordare quanto scrisse Giovanni Paolo II nell’esortazione Redemptoris Custos: Se la Famiglia di Nazaret nell’ordine della salvezza e della santità è l’esempio e il modello per le famiglie umane, lo è analogamente anche il lavoro di Gesù a fianco di Giuseppe carpentiere… Il lavoro umano e, in particolare, il lavoro manuale trovano nel Vangelo un accento speciale. Insieme all’umanità del Figlio di Dio esso è stato accolto nel mistero dell’Incarnazione, come anche è stato in particolare modo redento. Grazie al banco di lavoro presso il quale esercitava il suo mestiere insieme con Gesù, Giuseppe avvicinò il lavoro umano al mistero della Redenzione. Si tratta della santificazione della vita quotidiana, che ciascuno deve acquisire secondo il proprio stato e che può esser promossa secondo un modello accessibile a tutti: «San Giuseppe è il modello»” (RC 22 e 24).

Una memoria liturgica, quella del Primo Maggio, che non va omessa ma anzi solennizzata al meglio, proprio in quest’anno giubilare in cui ricordiamo i 150 anni del Patrocinio di San Giuseppe.

Paolo Antoci

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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