Pubblicato il 31 Maggio 2020 | di Redazione
0Il coraggio di immaginare il possibile con il realismo che ci offre il Vangelo
“Questo è il tempo propizio per trovare il coraggio di una nuova immaginazione del possibile, con il realismo che solo il Vangelo può offrirci”. Le parole del Papa, scritte quasi col timore di essere uno scherzo di cattivo gusto, sono una spinta per ripartire dopo la pandemia e per una rigenerazione comunitaria del futuro che necessita uno sforzo di immaginazione. Immaginazione è una nostra facoltà che attinge all’esperienza ed ai dati e li rilancia in una sequenza non abitudinaria e usuale, connotata dalla libertà di concatenarli in un modo nuovo. L’immaginazione permette di inventare quello che ancora non c’è a partire da qualche spunto di quello che c’è. La nostra speranza è tornare alla fase zero, tornare indietro e riprendere da dove eravamo rimasti. Senza l’immaginazione ricadremmo in una combinazione che ci farebbe ripetere l’uguale.
Immaginare però non è facile. Volere uscire da una concatenazione nota non è facile. Richiede coraggio, creatività, desiderio di decentrarsi rispetto a quello che normalmente pensiamo e facciamo per lasciare spazio all’inespresso e alla novità di pensiero.
L’immaginazione che ci indica il Papa quale piano per risorgere dopo la pandemia, non riguarda la capacità di sviluppare innovazioni tecnologiche o di pianificare la ripartenza economica ovvero ancora di progettare una diversa organizzazione sanitaria. Tutto questo sarà fatto attraverso le scienze umane, la ricerca, gli studi. A fondamento si pone la capacità di immaginare una società diversa e, possibilmente, migliore: più equa, più inclusiva, più felice, caratterizzata da nuove forma di stare bene insieme, con noi stessi, con la comunità in cui viviamo, con il resto dell’umanità, con il pianeta. Non ci interessano eroi isolati, capipopolo e obsoleti sistemi sociali che vivono nella mentalità dell’uomo vecchio. Non a caso il Papa fonda il suo manifesto nella domenica della resurrezione. Esplicitare la vocazione cristiana può significare individuare una sorgente da dove attingere il coraggio della nuova immaginazione, senza pretese di esclusività o primogeniture ma con la consapevolezza che, illuminati dalla luce del Risorto, siamo potenzialmente capaci di custodire il di più della fraternità, definire il nuovo codice comunitario che mette l’amore al di sopra della giustizia.
Scrive Sandro Veronesi sulle pagine del Corriere della Sera: “Speranza, dialogo e condivisione si trovano nei dintorni del mondo cattolico, mentre l’ottusità, e la pochezza di vedute, il conservatorismo autoassolutorio e il burocratismo ipocrita e bigotto infettano la tradizione laica”. È la linea che può fare la differenza? Forse; di sicuro nessuno può esitare, rinunciare al coraggio, regredire; ispirati dal paradigma trinitario possiamo proporre modelli sostenibili che innalzano il livello dell’insieme. Preferiamo ancora una volta fidarci e scommette sull’Uomo nuovo.
Emanuele Occhipinti