Attualità

Pubblicato il 20 Giugno 2020 | di Mario Cascone

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La comunità cristiana in prima linea Carità in tempo di coronavirus

Il difficile periodo che abbiamo vissuto a causa del coronavirus, e che in parte stiamo ancora vivendo, ha provocato un distanziamento dei rapporti interpersonali, una costrizione a stare chiusi in casa, un senso di paura che in alcuni casi si è trasformato in una sorta di caccia all’untore, uno strascico non indifferente di ordine psicologico, che ha colpito soprattutto i bambini, costretti a non andare a scuola e a non poter giocare con i loro compagnetti.
Oltre a tutte queste conseguenze la pandemia ha causato pesanti problemi alla nostra economia, riducendo sul lastrico diverse famiglie, che non hanno potuto contare sul reddito proveniente dal loro lavoro. Sono state parecchie, infatti, le attività lavorative che sono state sospese nel periodo della cosiddetta “fase 1” e che lentamente hanno cercato di riprendere, sia pure con molte limitazioni, nella “fase 2”. Alle famiglie che già in precedenza si trovavano a vivere in gravi ristrettezze economiche si sono aggiunte numerose altre famiglie, che in passato non avevano mai avuto bisogno di ricorrere agli organismi caritativi ed assistenziali per poter tirare avanti e che, in conseguenza di questa difficile situazione, hanno dovuto farvi ricorso.
Lo Stato ha cercato di rispondere ai pesanti disagi economici, mettendo in campo alcuni provvedimenti atti ad offrire un aiuto immediato, ma anche alcune agevolazioni tese a favorire la ripresa delle attività lavorative. Ma alcuni di questi provvedimenti si sono di fatto scontrati con una laboriosa burocrazia, che ne ha rallentato vistosamente l’applicazione. In particolare questo si è registrato nella nostra regione siciliana, dove alla lentezza burocratica si è aggiunta una vistosa inefficienza (o negligenza) operativa, a causa della quale molti lavoratori ancora aspettano di ricevere i soldi della cassa integrazione o altri aiuti provenienti dal governo nazionale.
Se questo è il quadro a tinte fosche della difficile situazione che si è venuta a creare a causa del coronavirus, c’è da dire che non sono mancate, in questo periodo, le manifestazioni generose di solidarietà e di condivisione con i più poveri da parte di coloro che vivono in condizioni più agiate. Il tempo della crisi economica ha messo in luce il cuore grande di alcuni imprenditori e di parecchi onesti cittadini, che, tramite gli organismi assistenziali della società civile o della Chiesa, hanno voluto dare un aiuto a quanti versavano in condizioni di indigenza.
La Chiesa è stata in prima linea in questa generosa opera di carità, sia attingendo ai fondi dell’otto per mille, sia potenziando le attività delle Caritas diocesane, sia infine intervenendo attraverso le sue numerose associazioni impegnate nel versante della carità. Quest’azione di promozione umana e di assistenza è stata fatta in modo capillare, attraverso le parrocchie, gli ordini religiosi e le numerose strutture di carità portate avanti dai cattolici nel territorio. Si è trattato peraltro di potenziare quanto già si faceva in passato, cercando di estendere il raggio di intervento e di offrire, laddove è stato possibile, anche degli aiuti strutturali, tesi a favorire la ripresa economica delle imprese, soprattutto quelle più piccole o più colpite dalla crisi.
La comunità cristiana è scesa in campo in modo sapiente, promuovendo un’azione di sostegno ai poveri che non si è scontrata con quella portata avanti dallo Stato, ma integrandosi con essa, in modo da ottenere i migliori risultati possibili. È chiaro che la semplice assistenza non basta, perché serve solo a tamponare determinate situazioni di difficoltà, ma non a risolverle. Accanto all’azione assistenziale urge portare avanti delle politiche intelligenti, tese a rilanciare le attività produttive e a ridare la giusta autonomia economica alle famiglie, che hanno diritto a vivere del proprio lavoro.
La Chiesa non può sostituirsi allo Stato in questo tipo di interventi. Può però essere di stimolo e di pungolo critico perché queste politiche vengano portate avanti. Attingendo al prezioso tesoro della dottrina sociale della Chiesa si possono e si devono valorizzare concetti come quelli di solidarietà, sussidiarietà, bene comune, partecipazione dei lavoratori agli utili dell’impresa. È auspicabile che quest’azione politica venga realizzata in tempi brevi, attingendo anche alle risorse provenienti dall’Europa.

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Autore

Sacerdote dal 1981, attualmente Parroco della Chiesa S. Cuore di Gesù a Vittoria, docente di Teologia Morale allo studio Teologico "San Paolo" di Catania e all'Istituto Teologico Ibleo "S. Giovanni Battista" di Ragusa, autore di numerose pubblicazioni e direttore responsabile di "insieme".



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