Pubblicato il 26 Ottobre 2020 | di Mario Cascone
0Fratelli tutti, l’enciclica che promuove amicizia sociale e dialogo universale
Papa Francesco ha firmato la sua ultima enciclica “Fratelli tutti” ad Assisi, nella basilica di San Francesco. Si è trattato di un gesto altamente significativo, che esprime l’ispirazione di fondo di questo documento, ispirato alla fraternità universale tanto cara al Poverello di Assisi. Il “Cantico delle creature”, in particolare, indica in ogni realtà creata un fratello o una sorella: fratello sole, sorella luna, fratello vento, sorella morte… Siamo tutti fratelli, perché tutti figli di un unico Creatore, il quale imprime la sua “impronta” in ogni creatura. Su questa base Papa Francesco afferma che siamo tutti sulla stessa barca, in questo mondo globalizzato e interconnesso: ci perdiamo o ci salviamo tutti insieme. L’intento dell’enciclica è, dunque, quello di promuovere l’aspirazione mondiale alla fraternità e all’amicizia sociale.
Il testo magisteriale si apre con la riflessione su alcune “ombre” che offuscano il mondo attuale, spesso chiuso nel suo individualismo: disparità economiche, povertà che attanaglia tanta gente, disoccupazione, violenze, guerre, razzismo, schiavitù che colpisce in particolare le donne vittime della “tratta”, varie forme di mafia… Su queste ombre il Papa invoca la luce di Gesù, buon samaritano, che ci invita a farci prossimo dell’altro e a costruire ponti, che scavalchino i numerosi muri eretti dagli uomini del nostro tempo. Si tratta di uscire da noi stessi e di tendere alla comunione universale, secondo il dinamismo della carità. Si tratta anche di educare al dialogo per sconfiggere il virus dell’individualismo radicale.
In questa luce l’enciclica “Fratelli tutti” invita a riconoscere i diritti fondamentali della persona umana; diritti che sono senza frontiere e che non possono escludere nessuno. In modo particolare il Santo Padre sottolinea i diritti dei migranti, i quali vanno accolti con la loro “vita lacerata”, perché spesso provengono da situazioni di estrema povertà o di violenza e guerra. Certamente per quanto è possibile vanno evitate le migrazioni non necessarie, promuovendo nei Paesi d’origine la possibilità di vivere con dignità, ma in ogni caso deve essere rispettato il diritto di cercare altrove una vita migliore. Per regolamentare questo fenomeno occorrono una “governance” globale e una fattiva collaborazione internazionale.
Il Papa si occupa anche della politica, definendola “una delle forme più preziose di carità”. Essa si pone al servizio del bene comune e deve conoscere l’importanza del popolo, il quale è il vero soggetto della politica. Da questo punto di vista va distinto il “popolarismo” dal “populismo”: il primo riconosce la sovranità del popolo e pone l’azione politica al suo servizio, il secondo invece non si pone al servizio del popolo, ma lo strumentalizza, fomentando egoismo e violenza, al fine di accrescere il consenso elettorale.
Con particolare enfasi l’enciclica condanna una politica sottomessa al potere della finanza, in quanto questo genera numerose forme di ingiustizia, che lacerano il tessuto sociale e non di rado sfociano nella violenza. La pace non può non essere legata alla giustizia, come già ci insegna il profeta Isaia: “opus iustitiae pax”. Essa è un’opera “artigianale”, che va costruita col contributo di ognuno, soprattutto attraverso il perdono e la misericordia. Perdono non vuol dire impunità o rassegnazione passiva all’ingiustizia, ma rinuncia al desiderio di vendetta ed esaltazione dell’amore, come via per costruire un mondo più giusto e più pacifico. In quest’ottica il Papa condanna senza mezzi termini la guerra, che rappresenta “la resa vergognosa alla forze del male”. Francesco invoca anche l’eliminazione delle armi nucleari, che possono distruggere l’umanità intera, specialmente in un contesto come quello attuale, in cui di fatto viviamo “una terza guerra mondiale a pezzi”, poiché tutti i conflitti sono interconnessi fra di loro.
L’esaltazione del perdono e della misericordia spinge il Santo Padre a condannare in modo deciso anche la pena di morte, nella convinzione che la pena non è una vendetta, ma la parte di un processo di guarigione e di reinserimento sociale.
Infine l’enciclica “Fratelli tutti” mette in luce il ruolo prezioso che possono avere le religioni nella costruzione di una fraternità universale. La violenza non può fondarsi sulle convinzioni religiose, perché di fatto si basa sulle loro deformazioni. Oggi è possibile, secondo Francesco, un cammino di pace tra le religioni presenti nel mondo, un cammino che aiuti a sconfiggere il terrorismo e si fondi sulla forza del dialogo. Amicizia sociale e dialogo universale sono le vere “armi” per costruire una fraternità fra i popoli. I mass media possono esercitare un ruolo importante in questa direzione, invitando ognuno a fare la sua parte, nel convincimento che nessuno è inutile e che da tutti si può imparare qualcosa. Il dialogo va costruito sulla virtù della “gentilezza”, che libera “dalla crudeltà, dall’ansietà, dall’urgenza distratta”.