Cultura

Pubblicato il 10 Dicembre 2020 | di Francesca Cabibbo

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Una storia di spiritualità e preghiera che si allunga sino ai giorni nostri

I 400 anni del convento di Santa Maria del Gesù sono l’occasione per rivolgere uno sguardo al passato. Questo convento così antico è uno dei tre che hanno ospitato comunità francescane ed è l’unico tuttora esistente. Chiaramonte ospitava anche un convento dei Frati Minori Conventuali, nell’ex chiesa di San Francesco all’Immacolata (oggi trasformata in sala convegni e teatro e intitolata a Leonardo Sciascia) ed un convento dei Frati Cappuccini, attiguo al santuario della Madonna di Gulfi, nota anche come “Santa Maria La Vetere”, con chiaro riferimento anche all’attuale Chiesa Madre, intitolata a Santa Maria la Nova. I Cappuccini, fino all’inizio del secolo scorso, furono invece nel convento oggi sede del Monastero delle Carmelitane. I Minori hanno officiato in quella chiesa quasi ininterrottamente. L’hanno lasciata solo nel 1866, dopo la legge sulla confisca dei beni ecclesiastici, per farvi ritorno nel 1890. Questa breve storia è ricordata nel libro “Il segno e il rito”, di Giuseppe Cultrera, edito nel 2004.

La presenza dei Frati Minori Osservanti in Sicilia è stata narrata in alcuni testi di fra Pietro Tognoletto, storico del XVII secolo ed autore del “Paradiso serafico del fertilissimo Regno di Sicilia”, edito nel 1667 e dedicato alla storia ed alla vicende degli “Osservanti”, come a lungo si chiamarono i frati prima dell’attuale denominazione: una fonte storica importantissima. E Tognoletto parla anche del convento di Chiaramonte. Queste notizie sono state riprese anche in un testo successivo, “Chiaramonte divota”, del barone Corrado Melfi (edizioni Destefano, Ragusa, 1909), ancora oggi custodito in convento. In esso si legge: “Nel secolo XVI gli Osservanti Riformati furono chiamati a Chiaramonte ove abitarono il convento attiguo alla chiesa di San Giovanni battista. Il 6 agosto 1619, nella parte più alta dell’abitato, al terminare del sestiere della Cuba, per opera nelle nobili famiglie dei giurati e del popolo, si diè principio all’erezione di una chiesetta con attiguo un conventino. Il tutto fu completato nel 1620 ed i frati, nel numero di 15, passarono ad abitarlo”. Viene descritta la prima costruzione, che doveva essere molto piccola e racconta che “nel 1655 la chiesa fu ingrandita dalla parte orientale e la porta d’ingresso fui trasportata a tramontana. Le cappelle non conservano alcun ordine perché state erette a spese di varie famiglie. Il cenobio venne poi ingrandito e portato a termine nel 1657, data ricordata in un pilastro dell’atrio e per la sua ampiezza è il primo tra quei del comune”. I Giurati, oltre a prevedere la nascita del convento ed a dare il terreno necessario, provvidero anche a garantire il vitto: per questo era previsto che annualmente si desse ai frati “un quintale di tonno”. Nel testo si racconta anche dell’arrivo in convento di una statua di stile gaginesco, della “Madre di Dio conl Divin Pargoletto (…) questo simulacro era nella chiesa di S. Sofia e poiché questa chiesa fu chiusa al culto a causa che i frati Mercedari passarono ad officiare quella del salvatore, la pia famiglia Cutel, nel 1663, credette opportuno far trasportare il simulacro in quella dei PP. Riformati. Quivi alzò a proprie spese una elegantissima cappella intarsiata di pietra nera e bianca ed in cima all’arco di ingresso vi fu apposto lo stemma del suo casato e a piè dell’altare sulla lapide sepolcrale si legge. È di Gios (Giosuè) Cutel (…)  1663”. Da quel momento la chiesa, prima intitolata a Santa Maria dell’Idria (Odigitria)  prese il nome di Santa Maria del Gesù.

Nel testo, vengono ricordati anche alcuni frati che si adoperarono per l’edificazione del convento: un “fra Salvatore di santa vita, che giunse ad operare miracoli e morì in esso convento, in luglio 1620” ed un “laico fra Girolamo”, morto a Castrogiovanni (Enna) nel 1621. Vi è anche un’ampia descrizione delle opere che si trovano all’interno del’edificio sacro e si racconta che “nel 1788 nel convento si celebrò il “capitolo provinciale” (in quel periodo la Sicilia era composta da cinque piccole provincie, oggi ne esiste una per tutta la Sicilia. La chiesetta custodisce anche un crocifisso di fra Umile da Petralia Soprana. È il quinto crocifisso realizzato da fra Umile (che ne costruì circa 33 in tutta la Sicilia) ed è certo uno dei più belli. Nella chiesa si trovano anche un quadro dell’Epifania (1668), uno di San Francesco d’Assisi, Sant’Anna e la Deposizione del Cristo (di Mattia Preti). Altri quadri degni di nota: l’Epifania (1668), Francesco d’Assisi, la Deposizione del Cristo (opera di Mattia Preti) e di S. Anna.

Altre notizie si apprendono anche a un testo manoscritto, opera di Ambrogio Cardella, La Minoritica Provincia del Ss. Nome [di Gesù] di Sicilia. Il documento oggi è custodito presso l’ASPSSNG (= Archivio storico della Provincia del SS. Nome di Gesù) , Archivi personali, Ambrogio Cardella, n. 5 . In esso si legge: “Pria di fondarsi il convento attuale di Chiaramonte Gulfi i nostri dimorarono in un conventino attiguo alla chiesa di San Giovanni Battista, sita nel piano più elevato, nel recinto del castello che vi sorgeva e precisamente accanto all’antica fortezza distrutta dal terremoto del 1693”. Per la nuova fondazione, i Giurati si rivolsero al vescovo di Siracusa, monsignor Faraone. “Il vescovo accolse benignamente la domanda e, con due lettere del 2 giugno, 3 Ind., 1620, consentiva e approvava la fondazione del convento fuori dell’aabitato nel luogo chiamato “Delli Balati” (…) Il R.P Angelo da Noto (…) con altri tre religiosi, si portarono sul luogo dove sorger dovea il convento e vi piantarono la Croce, senza aver più bisogno del consenso dei PP. Minori Conventuali, che crediamo prima si fossero opposti a tale erezione”

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