Società

Pubblicato il 11 Dicembre 2020 | di Alessandro Bongiorno

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Un ragusano su dieci vive all’Estero

Sono 31.276 i ragusani iscritti all’Anagrafe italiana dei residenti all’estero (Aire). Si tratta del 9.76% della popolazione iblea. Il dato, reso noto dal Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes, fotografa comunque solo in parte la realtà dell’emigrazione dalla nostra terra. In molti, infatti, pur vivendo e lavorando all’estero, non sono censiti dall’Aire. Il fenomeno dell’emigrazione è costante. Negli ultimi 15 anni, gli italiani nel mondo hanno raggiunto i 5,5 milioni, con un aumento del 76,6%. I siciliani sono 748.817, il 15.8% della popolazione dell’Isola. E che sia un fenomeno che negli ultimi anni ha visto un incremento lo confermano i dati sulle fasce d’età dei ragusani che hanno lasciato la nostra provincia. Il 13,8% degli iscritti all’Aire ha infatti meno di 17 anni; il 24% tra i 18 e i 34 anni (e rappresenta la fascia d’età più considerevole); il 23.4% ha tra i 35 e i 49 anni. Tutti ragusani che hanno fissato le tende della loro vita lontano dalla Sicilia.

Ma non sono solo siciliani o meridionali a cercare nuove opportunità all’estero. Nel 2019 hanno lasciato l’Italia ufficialmente 131 mila cittadini verso 186 destinazioni del mondo e provengono da tutte le province. «Non si tratta – si legge nel rapporto che smentisce alcune considerazioni che circolano con insistenza – solo di persone altamente qualificate e occupate in ambiti prestigiosi: a crescere sempre più, infatti, è la componente “dei diplomati” alla ricerca all’estero di lavori generici.  Rispetto al 2006, la percentuale di chi si è spostato all’estero con titolo alto (laurea o dottorato) è cresciuta del +193,3%, mentre per chi lo ha fatto con in tasca un diploma l’aumento è stato di ben 100 punti decimali in più (+292,5%)».

Il Rapporto sfata anche un altro luogo comune: l’emigrazione italiana non è prerogativa solo del Sud, ma riguarda un po’ tutto il Paese e la vera discriminante è forse quella tra città e aree interne. Il Sud, da questo punto di vista, è penalizzato due volte. A svuotarsi sono in modo prevalente i territori già provati da spopolamento, invecchiamento della popolazione, eventi calamitosi o sfortunate congiunture economiche.

I siciliani che vivono e lavorano all’Estero scelgono soprattutto la Germania (31.2%), il Belgio (12.7%), l’Argentina (12.2%), la Svizzera (9.5%), la Francia (7.8%), gli Stati Uniti (6.6%), il Regno Unito (4.4%), l’Australia (3.2%), il Venezuela (2.4%). Si tratta di approdi che hanno segnato la prima emigrazione e che accolgono anche chi ha lasciato la Sicilia in tempi recenti. Negli ultimi 15 anni stanno emergendo “nuove frontiere” della mobilità con Malta (per ovvi motivi di vicinanza geografica), Portogallo (che ha varato una legislazione particolarmente favorevole ai pensionati), Irlanda, Norvegia e Finlandia (Paesi nordici dove a dispetto del clima si ha una qualità della vita elevatissima) che segnano incrementi a tre cifre.

Il Rapporto si conclude con uno sguardo rivolto ai giovani e con l’auspicio che l’Italia possa «cambiare il senso di marcia» pensando e investendo su politiche dedicate alla formazione e al lavoro, «sbloccando la mobilità sociale dei giovani» evitando così che finiscano «lontano dai loro territori» e mettendo «le loro competenze, le loro capacità e i loro entusiasmi al servizio di altri paesi».

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Autore

Giornalista, redattore della Gazzetta del Sud e condirettore di Insieme. Già presidente del gruppo Fuci di Ragusa, è laureato in Scienze politiche.



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