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Pubblicato il 15 Febbraio 2021 | di Emanuele Occhipinti

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“Venire e vedere”: il suggerimento per una comunicazione limpida e onesta

Papa Francesco ha diffuso il suo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2021. Ma a chi scrive? Certamente ai comunicatori e ai giornalisti; certamente alla redazione di questa rivista. Coltiviamo un ragionevole dubbio: e se avesse a tanti di noi? Se avesse avuto in mente la predicazione ordinaria della Chiesa o la comunicazione sociale e politica? La domanda è manifestamente retorica; in “Vieni e vedi” Papa Francesco ci interpella tutti, ma proprio tutti, con quello che chiameremmo, un post delizioso.

Certo, i primi destinatari sono gli operatori della comunicazione: a loro il Papa lancia l’esortazione che proviene dal suo cuore ed incontra l’intima essenza di questa professione: «il giornalismo come racconto della realtà richiede la capacità di andare laddove nessuno va». Muoversi col desiderio di vedere. Muoversi col desiderio di “consumare la suola delle scarpe”. Muoversi col desiderio di raccontare «la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; i molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato; le tante guerre dimenticate». Muoversi col desiderio di «moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione» grazie alla tecnologia digitale. Muoversi con il desiderio di «dire la verità nel discorso pubblico», dopo anni di intossicazione della pubblica opinione. Muoversi col desiderio di vedere di persona.

Ma se questa è una prerogativa personale e professionale di detti operatori, “Venire e vedere” è il suggerimento di papa Francesco per ogni espressione comunicativa limpida ed onesta, personale e comunitaria. Il titolo integrale del messaggio «Comunicare incontrando le persone dove e come sono» può essere un importante suggerimento che si fa azione, presenza e comunicazione per i singoli, per la Chiesa, per le comunità ecclesiali.

Papa Francesco ha più volte confessato che la sua principale preoccupazione per il dopo-Covid è quella di trovare i modi per “stare vicino” alle persone. Non restare alla finestra. La Chiesa e ciascuna comunità ecclesiale non può stare alla finestra a guardare che la tempesta passi. Stare vicino anche sul piano comunicativo, moltiplicare le occasioni per accostarsi e comunicare, esprimere solidarietà, con i gesti e con le parole. Più riusciamo ad essere vicini, più la comunità acquisisce credibilità e fiducia. «Stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà». Ed infine utilizzare le giuste parole, utilizzare con responsabilità la rete con le sue innumerevoli espressioni sociali: «Tale consapevolezza critica – scrive Papa Francesco – spinge (…) a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti».

C’è bisogno di trovare «parole consapevoli, parole veritiere, mai banali, vicine, concrete, umane. C’è anche esigenza di fare rete tra le tante espressioni ecclesiali, le pagine web e social, radio Karis, questa rivista; tutti che con buone intenzioni e non senza competenza, mostrano il volto bello della Chiesa ragusana ed il suo insopprimibile desiderio di comunicare ed annunciare.

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Autore

Laureato in Scienze Economiche e Bancarie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, lavora dal 1990 presso Banca Agricola Popolare di Sicilia, attualmente in staff alla Direzione Commerciale. E’ impegnato nell’associazionismo e nel volontariato nazionale ed internazionale, settori per i quali svolge anche il ruolo di formatore. Già presidente diocesano di Azione Cattolica, è, in atto, Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi di Ragusa e membro del Consiglio Nazionale della FISC (Federazione Italiana Settimanali Diocesani).



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