Vita Cristiana

Pubblicato il 12 Marzo 2021 | di Mario Cascone

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San Giuseppe e la santa famiglia: modello di obbedienza al disegno di Dio

I Vangeli non ci riferiscono quasi nulla dell’infanzia e dell’età giovanile di Gesù. Al di là dell’episodio dello smarrimento nel tempio (Lc 2, 41-50), i testi biblici non si soffermano sui primi trent’anni della vita di Gesù, concentrandosi soltanto sugli ultimi tre anni, quelli dedicati dal Signore alla missione salvifica affidatagli dal Padre. Dobbiamo perciò lavorare di fantasia e provare ad immaginare come si sia svolta l’esistenza quotidiana di Gesù nella casa di Nazareth, dove egli “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2, 52).

Sicuramente Maria e Giuseppe accolsero Gesù con amore, vedendolo come un dono che proveniva direttamente da Dio e che era stato concepito nel grembo della Vergine per opera dello Spirito Santo. Le circostanze a dir poco avventurose in cui si svolse il parto a Betlemme e la successiva precipitosa fuga in Egitto per scampare alla persecuzione di Erode non fecero che cementare ulteriormente l’unione fra Maria e Giuseppe e la loro dedizione al bambino, che essi volevano proteggere con tutte le loro forze. La santa famiglia vive così in un clima di profonda unità, fortificata dall’abbandono fiducioso alla volontà del Padre celeste e dal grande amore che lega Maria e Giuseppe al loro bambino.

È facile pensare che negli anni successivi, dopo il ritorno a Nazareth, la santa famiglia viveva in un clima sereno e armonioso. Possiamo immaginare che Gesù collaborava con Giuseppe nel suo lavoro artigianale e stava sottomesso ai suoi genitori terreni in un clima di pacifica obbedienza. Tutto si svolgeva in un contesto di comunione e di pace, perché i membri della santa famiglia si impegnavano ad aderire al progetto di Dio, anche quando esso risultava di difficile comprensione. Non sempre, infatti, Maria e Giuseppe capivano quello che succedeva attorno a Gesù e ciò che si diceva di lui. In loro, perciò, si registrava una graduale crescita nella comprensione del mistero di Cristo.

Quando Gesù ebbe dodici anni Maria e Giuseppe lo portarono in pellegrinaggio a Gerusalemme, in occasione della festa pasquale. Sulla via del ritorno constatarono, dopo un giorno di viaggio, che Gesù non era con loro. Si accorsero così tardi dello smarrimento di Gesù perché pensavano tranquillamente che il loro ragazzo fosse nella “carovana”, che era composta da altri familiari ed amici. Ovviamente quando non trovarono il piccolo Gesù nella carovana si misero in affannosa ricerca di lui, facendo ritorno a Gerusalemme. Qui dopo tre giorni trovarono Gesù nel tempio, mentre era intento a disputare con i dottori della legge. Maria rimproverò Gesù, dicendogli: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo” (Lc 2, 48). E Gesù rispose in modo sorprendente: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 49).

Da queste parole si evince che Gesù distingueva bene tra la paternità legale e terrena di Giuseppe e quella del suo Padre celeste, che lo aveva inviato nel mondo per compiere la missione di salvezza dell’umanità. Non era ancora giunta l’ora di Gesù, non era ancora iniziata la sua predicazione del Regno, ma il Figlio di Dio era ben consapevole della sua identità. Questo non significa che egli si sia rivoltato contro l’autorità dei suoi genitori terreni, perché “stava loro sottomesso” (Lc 2, 51), ma indica che Gesù sa conciliare perfettamente l’adesione al progetto del Padre celeste con la sottomissione amorosa a Maria e Giuseppe, realizzando così una perfetta armonia tra obbedienza umana e obbedienza divina.

Più in generale possiamo affermare che il clima in cui si svolge la vita della santa famiglia è tutto improntato all’obbedienza alla volontà di Dio. Giuseppe è definito nel vangelo uomo “giusto” (Mt 1, 19) perché è disponibile a compiere in modo pronto e fedele la volontà di Dio. Egli consegna la sua vita ad un progetto che lo trascende, accettando il comando divino di prendere con sé Maria come sposa (Mt 1, 20.24). Rimarrà per tutta la sua vita accanto alla sua donna come sposo fedele e al bambino Gesù come figura paterna positiva e responsabile.

Giuseppe è l’uomo che accoglie il sogno di Dio. Per questo obbedisce sempre prontamente agli ordini angelici e si prende amorevole cura del bambino Gesù, proteggendolo e difendendolo, oltre che educandolo a sviluppare tutte le sue qualità umane. Alla dolcezza della madre e del suo bambino, Giuseppe accompagna la fermezza della sua presenza e dedizione.

Anche Maria mette in luce una perfetta obbedienza al progetto di Dio, come si evince già dalle parole con cui risponde all’angelo nell’annunciazione: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1, 38). La sua adesione al volere di Dio è piena ed è sicuramente segno di una consuetudine a mettersi in ascolto della parola del Signore e di obbedirvi. Il “sì” di Maria non è solo quello dell’iniziale accettazione del disegno divino, ma è quello di tutta la vita. Si deve ammettere infatti che l’intera esistenza della Vergine è sotto il segno dell’obbedienza pronta e generosa alla volontà di Dio, un’obbedienza che si esprime anche nell’accettazione della missione del Figlio e nell’ardua e dolorosa partecipazione alla sua crocifissione, oltre che nell’amorevole presenza materna all’interno della Chiesa nascente. Vergine del silenzio e dell’ascolto, Maria è la vera credente, che si sottomette con totale fiducia al piano salvifico del Padre e alla sua attuazione da parte del Figlio, che ella accompagna premurosamente con la sua fede e con la sua materna collaborazione.

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Autore

Sacerdote dal 1981, attualmente Parroco della Chiesa S. Cuore di Gesù a Vittoria, docente di Teologia Morale allo studio Teologico "San Paolo" di Catania e all'Istituto Teologico Ibleo "S. Giovanni Battista" di Ragusa, autore di numerose pubblicazioni e direttore responsabile di "insieme".



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