Pubblicato il 23 Marzo 2021 | di Redazione
0Ripensare la relazione uomo-donna
Inizio questa riflessione sul tema della relazione uomo-donna, nel momento in cui ascolto un giornale radio che racconta di un altro femminicidio. Fatti di questa gravità non solo turbano ma alimentano alcune incomprensibili discussioni che spesso la cultura contemporanea coltiva. San Giovanni Paolo II nella lettera apostolica sulla dignità e vocazione della donna (15 agosto 1988) parla, tra l’altro, della “genialità femminile”. È proprio illuminante la parola “genio” che ha bisogno sempre di una specificazione: c’è la genialità femminile e la genialità maschile, ambedue senza titolo di supremazia ma con la responsabilità della condivisione e della ubbidienza al piano della vita.
Nel messaggio che i Padri Conciliari del Vaticano II, a conclusione dei loro lavori, rivolsero anche alle donne, affermarono solennemente la bellezza illuminante della vocazione della donna nella società. Era l’8 dicembre 1965 (56 anni fa!): quelle parole suonano come una profezia inascoltata. Dissero: “Viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. È per questo che, in un momento in cui l’umanità conosce una così profonda trasformazione, le donne illuminate dallo Spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l’umanità a non decadere”. Purtroppo, un po’ dovunque, tutto questo è stato disatteso ed è riemersa la tentazione della supremazia dell’uomo sulla donna considerata “fragile” e “usabile”.
Occorre veramente ripensare la relazione tra l’uomo e la donna di modo che essa sia fruttuosa e benefica anche rispetto alla costruzione della società contemporanea.
Il cammino non è facile ma assolutamente indispensabile e deve essere capace di coniugare ciò che è proprio del femminile con ciò che è proprio del maschile. Solo così può essere annullata quella sciocca ricerca di supremazia che non è utile a nessuno. Il femminile e il maschile sono diversi, ma la diversità è ricchezza se è letta in funzione del bene di tutti. L’uguaglianza è la consapevolezza di essere ambedue “persona”, figli e per questo fratelli. È nel mettere insieme uguaglianza e differenza che si rispetta il piano di Dio sulla vita, sull’amore, sul compito educativo, sull’impegno comune per costruire una società degna dell’umano.
Uomo-donna devono celebrare la vita nella complementarietà e nella reciprocità, partendo dalla comune condivisione di un progetto del quale nessuno è proprietario e tutti costruttori. Il tutto è riassumibile in quella alleanza che già, fin dai primordi dell’umanità, è stata consegnata da Dio all’uomo e alla donna.
Come sono semplici e solenni le parole della Genesi: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). Qui non c’è nessun titolo di supremazia, ma piuttosto la diversità complementare per il comune servizio per il bene dell’umanità. L’impegno antico e nuovo è: “convertirsi”, orientare il cuore e la sapienza verso la collaborazione, unica dimensione fruttuosa per riscoprire, amare e servire la genialità che ogni uomo e ogni donna custodiscono.