Pubblicato il 25 Giugno 2021 | di Redazione
0La squadriglia Cervi del Gruppo Scout Agesci Ragusa 7 intervista mons. La Placa
Noi siamo Nicolò, Alessio, Francesco, Sebastiano e Luca tutti componenti della squadriglia Cervi, del reparto “Giovanni Paolo II” del Gruppo Scout Agesci Ragusa 7 con sede presso la parrocchia San Paolo di Ragusa. Tutti con una grande passione per lo scautismo, che a nostro parere valorizza i giovani con piacevoli attività. Quest’anno grazie al nostro percorso teso ad ottenere il brevetto di squadriglia di giornalismo siamo entrati in contatto con mons. Giuseppe La Placa prossimo vescovo di Ragusa, a cui siamo grati per aver dedicato un po’ del suo tempo per rispondere alle nostre domande, che abbiamo preparato con cura, suscitando il nostro interesse anche per il suo passato da scout.
Nella seguente intervista sono esplicati anche i consigli e il messaggio che egli vuole raccomandare a tutti noi giovani di ogni realtà scout.
Come ha accolto la proposta di nuovo vescovo di Ragusa?
Rispondo riprendendo quello che ho scritto nel mio primo messaggio alla Chiesa di Ragusa nel giorno in cui è stata resa pubblica la notizia della mia nomina a vostro Vescovo. In quell’occasione scrivevo che, quando il 29 aprile, festa di Santa Caterina da Siena, il Nunzio Apostolico in Italia, mi ha convocato a Roma, presso la Nunziatura Apostolica, per comunicarmi la decisione di Papa Francesco di affidarmi la cura pastorale della giovane e bella Chiesa che è in Ragusa, un senso di stupore, commozione, tremore e timore mi ha letteralmente sommerso. Tuttavia, pur consapevole della mia povera umanità e della responsabilità del compito che Tuttavia, pur consapevole della mia povera umanità e della responsabilità del compito che mi veniva affidato, ma al tempo stesso, abbandonandomi alla grazia e alla misericordia di Dio, ho accolto la nomina episcopale dicendo ancora una volta il mio “si” al Signore che mi chiamava.
Quali sono le sue esperienze nel mondo Scout?
Il mio ingresso nella Grande Famiglia degli Scout è avvenuto nel 2002 e sin da subito, giocando e vivendo l’ambiente fantastico ed il linguaggio della giungla ho incarnato il personaggio di Baloo. Ho anche svolto il ruolo di A. E. all’interno della mia Comunità Capi che mi ha formato nel metodo e a vivere una relazione educativa improntata sulla Progressione Personale Unitaria. Dal 2010 ho vissuto il ruolo di Assistente della Zona Castelli Nisseni, esperienza di gran lunga formativa e arricchente con un continuo e costante rapporto con tutti i Capi della Zona.
Come la sua esperienza nel mondo scout ha influito nelle scelte e nella sua vita spirituale?
C’è una significativa convergenza tra la scelta sacerdotale e la scelta scout. Per fare qualche esempio: – il simbolismo, intrinseco al linguaggio scout, è anche caratteristica del linguaggio religioso ed in particolare della rivelazione biblica, del linguaggio che ho sempre adoperato nella mia vita da sacerdote e da insegnate. In secondo luogo; – la comunità scout è una comunità di fraternità al pari della Chiesa, della Parrocchia, della Diocesi e dell’ambiente del seminario che ho vissuto per molti anni; – la relazione capo/ragazzo, poi, che si impronta sulla fiducia dell’educando, ma anche sulla capacità del capo di essere un adulto credibile e un fratello maggiore, è la stessa che il sacerdote deve instaurare con il fedele per il quale deve essere guida, fratello e amico, di cui fidarsi, a cui affidarsi e con cui confidarsi; – la legge scout, i comandamenti e le beatitudini sono inni alla vita, all’amore, alla gioia, valori che devono ispirare la vita e la testimonianza di ogni sacerdote. E si potrebbe continuare all’infinito a scoprire legami, intrecci, nodi. La mia esperienza scout più che influire nelle mie scelte e nella mia vita spirituale, si è legata, annodata saldamente ad esse.
Quanto è importante avere una attiva realtà scout nel nostro territorio?
Gli scout sono, testimoni non di qualcosa che verrà, ma di qualcosa che già è!! Sono testimoni di valori, di scelte, di uno stile di vita improntato al servizio al prossimo, all’impegno civico, alla fede cristiana. Lo scout è Testimone di Dio: del messaggio di salvezza, della grande misericordia del Padre, racchiude in sé la dimensione sacerdotale perché fa servizio; la dimensione profetica perché annuncia la parola di Dio e la dimensione regale perché testimonia l’amore di Dio. Lo scout è testimone di valori morali: onestà, verità, rispetto, umiltà, fortezza, coraggio. Lo scout è testimone di valori civili: impegno, attenzione all’altro, accoglienza della diversità. Tutti i territori hanno bisogno di persone salde, con valori saldi e con l’attenzione all’altro: cittadini così orientati preservano la società, la lasciano migliore di come l’hanno trovata.
Cosa vuole dire e consigliare a tutti i ragazzi e le ragazze dello scoutismo?
Annunciate la parola di Dio con convinzione, non con bigottismo ma con consapevolezza. Abbiate fiducia in Dio, affidatevi e con la Sua forza fate grande il mondo. Non siate persone “tiepide”. Il vostro sentire sia forte, deciso, determinato. Ciò non vuol dire essere perfetti, ma vuol dire essere veri, coerenti, percorrere una via che è nitida davanti a sé. Non passate inosservati nella vita del mondo. Siate, invece, punto di riferimento in famiglia, a scuola, nello sport, in parrocchia, nel lavoro: compite il vostro dovere – con l’aiuto di Dio – e se c’è da scegliere, siate sempre in prima linea per difendere chi non ha voce.
In che modo stando in mezzo alla natura si può risvegliare il sentimento religioso e spirituale?
“Amano e rispettano la natura” recita il sesto punto della Legge scout. La vita all’aria aperta è un elemento fondamentale del metodo educativo scout, ma è anche un punto cardine della spiritualità cristiana. Infatti, attraverso il contatto con la natura si sperimenta il “buono” ed il “bello”, si risponde all’esigenza di “avventura”, si applicano le tecniche, le abilità manuali, l’orientamento e la salute e forza fisica, ma soprattutto, si sviluppa la dimensione etica ed il sentimento religioso attraverso la contemplazione delle meraviglie del creato e la grandezza del Creatore. Lo scout vive la natura da cristiano, vive nella natura concependola come casa, rifugio, luogo di accoglienza e comprensione, dove potere essere autentici e sperimentare il “ritorno” alle proprie radici ed alla fonte vivifica che tutto ha generato, per sentirsi veramente parte del disegno di Dio. La natura non deve intesa solo come luogo fisico, ma deve essere concepita come luogo metafisico, come luogo dell’anima, dove lasciarsi stupire dai miracoli quotidiani, dove l’essenzialità diventa un valore, il silenzio una benedizione, il calore un conforto. Amare la natura significa sentirsi intimamente connessi ad essa, cercare il contatto con essa, come si cerca l’abbraccio della persona amata: sentire il bisogno di respirare l’aria pulita, di calpestare la terra a piedi nudi, di toccare l’acqua fresca e limpida e trarre da tutto ciò felicità e soddisfazione. La più grande avventura è scoprire la grandiosità della perfezione del mondo che Dio Padre ha realizzato per noi.
Come conciliare la liturgia tradizionale con l’essenzialità della vita da campo?
Baden Powell, a chi gli poneva domande di questo genere rispondeva: «Non c’è un lato religioso del Movimento (cioè non è una cosa a parte). L’insieme di esso è basato sulla religione, cioè sulla presa di coscienza di Dio e sul suo servizio». Come a dire che natura, tecniche, route, marce e campi, a nient’altro tendono se non a «mettere i ragazzi a stretto contatto col loro scopo finale, che è quello di fare il loro dovere verso Dio, mediante il compimento dei loro doveri verso il prossimo». Sembra di riascoltare Colui che duemila anni fa aveva già detto che «amare Dio e amare il prossimo, è il primo e il più grande di tutti i comandamenti». I membri del Movimento – spiegava San Giovanni Paolo II ai Dirigenti Internazionali dello Scoutismo nel 1990 – sono chiamati a sviluppare un ardente desiderio di costruire una cultura di buona volontà, ad imparare la franchezza e l’armonia nei rapporti umani, il rispetto dell’ambiente, l’accettazione dei doveri ma, soprattutto, sono chiamati ad imparare il dovere più fondamentale di tutti: l’amore per il Creatore e l’obbedienza alla sua volontà. Uno scoutismo senza Dio non sarebbe più quello di B.P., quello cioè che, oltre ad essere un “luogo” di vera crescita umana, è soprattutto il luogo di una proposta cristiana forte e di una vera e propria maturazione spirituale e morale. Lo scout è chiamato, lui per primo, ad appropriarsi più intimamente e consapevolmente del dono della fede per testimoniarla attraverso l’esemplarità delle sue scelte e dei suoi comportamenti. E anche se dovesse essere allergico a tutto ciò che “odora” di Chiesa o di religione, non potrebbe né ignorarla, né trascurarla. Lo Scautismo, infatti, si propone la formazione integrale della persona umana finalizzando, fondamentalmente, l’itinerario di crescita all’interiorizzazione di valori profondamente cristiani. Se questi venissero a mancare, non sarebbe più autentica la proposta di Scautismo che si ridurrebbe a un insieme di tecniche e giochi, a pura animazione e sarebbe privo del suo vero valore e di prospettive per il futuro. Gesù era la più essenziale delle persone, egli convertiva con uno sguardo profondo e amorevole. Amava senza neanche toccare, predicava con parole semplici e soprattutto con gesti autentici. La vita da campo con la sua esaltazione della essenzialità, con la condivisione con la natura, con la contemplazione delle stelle, con la fraternità comunitaria, con il silenzio delle veglie, sono già compimento della liturgia, che raggiunge il suo culmine con la mensa eucaristica comunitaria. Dunque, non c’è nulla da conciliare: liturgia e vita da campo sono già un tutto inscindibile
Quanto a suo parere è importante la presenza e il ruolo dei giovani nella Chiesa?
I giovani nella Chiesa sono il sale che da sapore e gusto alla nostra pietanza! Sono il nostro presente ma anche il nostro futuro! Sono tralci vivi nella Chiesa-vigna. I tralci non sono autosufficienti, ma dipendono totalmente dalla vite, che è Cristo. In essa si trova la sorgente della loro vita. Per essere tralci vivi, è indispensabile rimanere ancorati alla sorgente della vita cristiana che è il Battesimo, vivendo la comunione col Signore mediante l’ascolto della sua Parola, la partecipazione all’Eucaristia e al sacramento della Riconciliazione, e il colloquio personale con Lui nella preghiera. È Gesù stesso che ci raccomanda tutto ciò: «Chi rimane in me, ed io in lui – ci ha detto –, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla» (Gv 15, 5).È il mio augurio per tutti voi: vivete uniti a Lui e avrete vita in abbondanza.
Ribadiamo la nostra gratitudine al vescovo di Ragusa mons. Giuseppe La placa per l’onore che ci ha concesso e per le sue parole che sono da stimolo per noi giovani e utili alla nostra crescita personale.