Pubblicato il 29 Novembre 2021 | di Redazione
0L’istruzione occasione di riscatto o altra opportunità mancata?
Centinaia di minori vivono nella completa invisibilità tra le serre della fascia trasformata e un alto numero di loro, a cui il Presidio di Ragusa si dedica con particolare dedizione, risiede a Marina di Acate. Sono bambini e ragazzi in età scolare che trascorrono la loro vita segregati. Non vanno a scuola o ci vanno con enormi difficoltà, non sono vaccinati, non sono mai stati visitati da un pediatra, non hanno occasioni di incontri con coetanei. I più grandi badano ai più piccoli o, se serve, lavorano.
In questo difficile contesto, il Presidio di Ragusa promuove attività di animazione per l’infanzia e per il dopo scuola. Queste ultime nascono dall’esigenza di proteggere e assicurare “momenti di infanzia” a quella fascia di minori che vive ai margini della società, in condizioni di isolamento e povertà. Tale servizio rappresenta l’unica attività di svago e socializzazione tra pari presente nella zona.
Per il secondo anno consecutivo da settembre, Presidio sta garantendo un percorso di doposcuola a 26 minori di età compresa tra i 9 e 18 anni, con il coinvolgimento di due educatori responsabili del doposcuola e di una mediatrice culturale di lingua araba, oltre che di un insegnante volontario e di due giovani in servizio civile.
Sebbene l’obiettivo sia stato certamente quello di assistere questi giovani studenti durante lo svolgimento dei compiti scolastici, non meno importante è risultata la volontà di sottrarli alla marginalità nella quale sono costretti a vivere. Lontani da ogni tipo di contesto urbano, risiedono tutti a ridosso della zona costiera, tra le aziende agricole e le dune di C.da Macconi in abitazioni fatiscenti, spesso dei vecchi casolari o dei magazzini in disuso che sorgono tra le terre coltivate, affogati nella plastica. La loro quotidianità è scandita dagli orari di lavoro dei genitori e della campagna. I ragazzi non hanno possibilità di socializzare con altri coetanei, se non durante le ore scolastiche, e non parlano correntemente la lingua italiana perché circondati esclusivamente da parenti o altri connazionali.
Da parte dei genitori viene sovente chiesto ai figli un contributo lavorativo. Non sono mancati episodi nei quali alcuni hanno lamentato eccessiva stanchezza o dolore dovuti al lavoro nelle serre o casi di assenze “giustificate” dall’esigenza di aiutare in casa.
Le condizioni economiche e il forte disagio fanno sì che queste famiglie concentrino tutte le loro energie sulla stretta sopravvivenza. In contesti come quello di Marina di Acate, anche le braccia dei minori possono rappresentare un sostegno considerevole al mantenimento economico del nucleo familiare, sostegno al quale è difficile rinunciare. La scuola, quindi, viene vista come un’incombenza piuttosto che come un’opportunità di riscatto, creando un ordine di priorità distorto. Le famiglie degli studenti non hanno contatti frequenti con gli insegnanti sia per ragioni legate alle difficoltà degli spostamenti, che per barriere linguistiche e culturali. La creazione di un contatto stabile con le scuole ci permette di aiutare i genitori nella gestione scolastica dei figli e vorrebbe stimolare le famiglie stesse a una maggiore partecipazione. Ci piace sottolineare, comunque, la grande collaborazione ricevuta da dirigenti, insegnanti e personale amministrativo che si sono posti in un’ottica autenticamente educativa.
Da quanto evidenziato si evince come per queste famiglie, purtroppo, l’istruzione non sia una priorità e come l’intera educazione dei figli sia in qualche modo subordinata ad altre esigenze, che niente hanno a che vedere con la sfera di interessi di un adolescente cresciuto in un contesto più sano. Ci si trova davanti ad una contraddizione: se da un lato il lavoro nei campi rappresenta per queste donne e questi uomini la fonte di sostentamento primaria, dall’altro non si può negare che queste condizioni di impiego logorino sia fisicamente che socialmente i braccianti e danneggino la terra da loro coltivata. Non è più possibile che l’agricoltura intensiva votata al profitto, l’abuso ai danni di uomini e risorse naturali rappresenti l’unico orizzonte verso cui volgere lo sguardo. La scuola ci pare l’unica agenzia educativa dove possa avvenire questa presa di coscienza e il luogo privilegiato in grado di offrire un’alternativa, almeno alle nuove generazioni.
Alessia Campo – Sebastiano Cugnata