Vita Cristiana

Pubblicato il 7 Febbraio 2022 | di Redazione

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I presbiteri come alberi che filtrano l’aria e danno ossigeno

Il percorso sinodale, chiamato a snodarsi attorno al trinomio comunione-partecipazione-missione, è una occasione preziosa che la Provvidenza mette a disposizione della Chiesa e, in particolare, di quella sua porzione che è la nostra diocesi.

Il documento preparatorio del Sinodo, infatti, al n. 6, tra le altre cose, afferma: «La Chiesa tutta è chiamata a fare i conti con il peso di una cultura impregnata di clericalismo, che eredita dalla sua storia, e di forme di esercizio dell’autorità su cui si innestano i diversi tipi di abuso (di potere, economici, di coscienza, sessuali)».

In questa condizione climatica ostile si è sviluppata, a livello di meteorologia comunitaria, la tempesta – ancora imperversante – della pandemìa.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: le comunità si sono generalmente ripiegate su se stesse, afflosciandosi e diventando asfittiche e demotivate, bloccate dalla paura e concentrate su celebrazioni domenicali sempre meno frequentate, considerate la Linea del Piave dell’attività pastorale, oppure la riduzione al livello di sussistenza delle funzioni vitali, in attesa che passi la tempesta. E così, in alcune situazioni, la tentazione ricorrente nelle comunità – e, ahimè, in alcuni pastori chiamati a guidarle – è quella di trasformare la pandemìa, da ostacolo da superare e problema da affrontare, in scusa dietro cui nascondersi per giustificare l’inattività e la stagnazione della vita pastorale.

In questo contesto di esistenze individuali e comunitarie impaurite e impregnate di solitudine, le relazioni tendono a sfaldarsi, cresce un sentimento di impotenza e lo stato d’animo diventa preda della depressione e del disfattismo.

Nonostante queste condizioni climatiche e meteo avverse, sappiamo bene che viviamo in un’atmosfera in cui tutti siamo chiamati a respirare l’aria della risurrezione e dell’amore infinito di Dio, che si è manifestato in Cristo Signore e continua a riempire i nostri polmoni con il vento gagliardo dello Spirito Santo.

Occorre dare un colpo di reni.

Occorre permettere allo Spirito di ridare ossigeno alle nostre menti, ai nostri cuori e alle nostre membra, affinché si rimettano in movimento.

Occorre trovare un punto da cui partire; un punto fermo a partire dal quale mettere in movimento tutto il corpo ecclesiale. Insieme.

Il punto fermo sono i presbiteri. Insieme, in comunione con il vescovo e tra loro.

A questo proposito, la Costituzione dogmatica Lumen Gentium, del Concilio Vaticano II, al n. 28 afferma: «I presbiteri, saggi collaboratori dell’ordine episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati al servizio del popolo di Dio, costituiscono col loro vescovo un unico presbiterio, sebbene destinato a uffici diversi. Nelle singole comunità locali i presbiteri rendono, per così dire, presente il vescovo, cui sono uniti con animo fiducioso e grande, condividono in parte le sue funzioni e la sua sollecitudine e li esercitano con dedizione quotidiana. Essi, sotto l’autorità del vescovo santificano e governano la porzione di gregge del Signore loro affidata, nella loro sede rendono visibile la chiesa universale e lavorano efficacemente all’edificazione di tutto il corpo di Cristo (cf. Ef. 4, 12)».

La comunione dei presbiteri con il vescovo e tra di loro è come un albero che filtra l’aria, la rinfresca, elimina da essa l’anidride carbonica e l’arricchisce dell’ossigeno, tanto necessario alla vita e alla sua crescita.

Le parti fondamentali dell’albero sono le radici, il fusto e la fronda: la sua conformazione può aiutarci a comprendere in modo più profondo la natura e la funzione della comunione presbiterale, così come viene descritta in un altro fondamentale passaggio del Concilio Vaticano II, contenuto al n. 8 del Decreto Presbyterorum Ordinis, dedicato dai padri conciliari proprio alla vita e al ministro dei presbiteri: «Tutti i presbiteri, costituiti nell’ordine del presbiterato mediante l’ordinazione, sono uniti tra di loro da un’intima fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio vescovo. Infatti, anche se si occupano di mansioni differenti, sempre esercitano un unico ministero sacerdotale in favore degli uomini».

La radice della comunione presbiterale è il sacramento dell’Ordine, che unisce chi ne fa parte in una «intima fraternità sacramentale»: l’espressione ha una forza dirompente, in quanto la fraternità – comunanza di origine che non può essere scelta né determinata – è messa in correlazione con l’intimità, che rimanda alla profondità di una significativa esperienza esistenziale, e con la sacramentalità, che, a sua volta, richiama il dono sovrano di grazia da parte di Dio e la sua imperscrutabile volontà. Nella fraternità – che non si sceglie, ma in vista della quale si viene scelti – risplendono al contempo la grazia sovrana di Dio e la libertà totale del presbitero, chiamato a viverla non in modo formale e rituale, ma sostanziale ed esistenziale.

Il fusto della comunione presbiterale è il presbiterio unito al vescovo, che insieme a lui esercita un «unico ministero sacerdotale in favore degli uomini». Un fusto che si protende verso l’alto, solido, robusto ed elegante, attraverso il quale la grazia fluisce dalle radici verso la fronda, la nutre e la sorregge.

La fronda della comunione presbiterale sono le «mansioni differenti» che i presbiteri esercitano «nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio vescovo». Se il fusto è uno, i rami sono tanti; come tanti sono i ruoli e i servizi di cui abbisogna la comunità diocesana da parte dei presbiteri. È vero che a loro spetta fondamentalmente il ministero del Pane e del Perdono, ma è anche vero che la natura della Chiesa – così come Gesù l’ha voluta – necessita dei presbiteri come coloro che, a nome del vescovo, guidino e accompagnino autorevolmente la vita della comunità. E tra siffatte fronde, come dice il Vangelo, tutti gli uomini, come gli uccelli, sono chiamati a fare il nido; e da esse anche a spiccare il volo, in alto e oltre.

Le radici profonde, un fusto robusto e slanciato, una fronda accogliente e folta, fanno della comunione presbiterale il punto fermo da cui è possibile ripartire, con fede in Dio e fiducia nella nostra migliore umanità, resa più perfetta dalla grazia.

Un forte elemento di stabilità perché la comunità tutta si rimetta in cammino: si tratta di un paradosso, ma il Cristianesimo è pieno di paradossi, che ci proiettano verso l’oltre di Dio, non esauribile né raggiungibile con le nostre sole forze umane; un oltre verso il quale siamo chiamati a camminare tutti. Insieme.

Paolo La Terra

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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