Pubblicato il 28 Marzo 2022 | di Redazione
0“Vogliamo bere le vostre lacrime”
Quando una comunità è forte e coesa, l’accoglienza è il valore primario. Così la comunità di San Pio X, sulla base dell’intuizione del suo parroco, Don Franco Ottone, si è data subito da fare per allestire un intero piano della Chiesa di viale Europa, adibito al catechismo, per l’accoglienza di almeno due nuclei familiari di profughi ucraini, che saranno individuate di concerto con la Caritas di Ragusa e la Diocesi iblea. Il racconto e le motivazioni di una scelta di grande generosità, nelle parole di Don Franco Ottone.
“Ascoltare, come abbiamo fatto in questi giorni, le notizie che ci arrivano dall’Ucraina, con una guerra terribile, a pochi passi da casa nostra, che ci inorridisce e ci preoccupa, non può lasciarci indifferenti.
Così, durante una celebrazione eucaristica, ho sentito, con forza, che bisognava fare qualcosa.
A questo punto ho pensato di utilizzare un piano della nostra chiesa, dove ospitiamo cinque gruppi di catechismo, per l’accoglienza dei nostri fratelli ucraini.
Ho subito telefonato a Domenico Leggio, Direttore della Caritas Diocesana, che mi ha espresso la sua gioia e mi ha incoraggiato ad attivarmi.
Allo stesso modo, anche il Vescovo, Mons. Giuseppe La Placa, mi ha incoraggiato e mi ha invitato a chiedergli qualunque cosa di cui avessi bisogno per raggiungere il nostro obiettivo.
Subito dopo, ho espresso questa mia volontà alla comunità, scusandomi per non aver coinvolto, da subito, il Consiglio Parrocchiale e quello Economico.
Non c’è stato bisogno di nulla, nè di parole, nè di gesti. Perchè tutti i parrocchiani si sono alzati per un lungo e liberatorio applauso, segno dell’entusiasmo e della gioia nell’intraprendere quella che si è configurata come una vera e propria piccola impresa d’amore.
Non è stato facile, infatti, predisporre un piano adibito a usi diversi, per ospitare al meglio i nostri fratelli.
Ma non potete nemmeno immaginare la mia gioia e il mio entusiasmo quando tutta la comunità di San Pio X si è data da fare per raggiungere l’obiettivo.
E ci siamo riusciti in pochissimi giorni.
Credetemi: vedere tante persone, di tutte le età, e in particolare persone molto grandi, adoperarsi per tutto quanto fosse necessario, compresa la pulizia più umile e minima di ogni singolo ambiente, è stato un esempio d’amore indescrivibile.
E poi, la grande solidarietà di Padre Mauro Nicosia, Parrocchia San Paolo, che ha comprato una televisione grande per i nostri fratelli ucraini che saranno ospitati nei nostri locali, e di Padre Giuseppe Russelli, Parrocchia del Preziosissimo Sangue, che ci ha aiutato per il reperimento di coperte e per il cibo, sono un esempio di quella Chiesa che non si arrende, che non si ferma, che cresce insieme.
Sin dal primo giorno ho detto ai miei parrocchiani che ciò che facciamo è l’immagine, bella, della nostra parrocchia, della nostra Diocesi.
E mi preme ringraziare, in maniera speciale, anche la Preside del Liceo Scientifico E. Fermi di Ragusa, Ornella Campo, dove insegno, perchè, alla richiesta di due Pc per le esigenze delle famiglie che ospiteremo, mi ha prontamente fornito ben cinque computer. E molti studenti, in maniera spontanea, che ringrazio di cuore, stanno provvedendo, con raccolte collettive, a tutte le esigenze, economiche e non, che via via si renderanno necessarie.
Questo significa essere preti e parrocchiani. Ho scoperto in ciascuno, doti di disponibilità che non avevo mai visto in quattro anni.
Come ho detto ai miei parrocchiani, non vogliamo fare un’azione per sentirci migliori, ma, di fronte a chi sta soffrendo, vogliamo bere le loro lacrime. Le lacrime di questo popolo, di questi bimbi senza papà, di queste mamme senza marito, di questi bimbi che non hanno nessuno.
Come dice il Concilio Vaticano II, che le gioie, le speranze, le lacrime della gente siano le tue gioie, le tue speranze, le tue lacrime.
E’ bello, per questo, condividere con loro questa sofferenza. Nel mondo non c’è solo odio e guerra, ma c’è tanto bene, tanto amore. Il mondo non è cattivo finchè esiste una comunità che sa soffrire insieme a chi soffre”.