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Pubblicato il 24 Aprile 2022 | di Redazione

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Beati i pacificatori

Il desiderio di giustizia, di pace, di serenità abita nel cuore di ogni uomo. Lo sappiamo bene. Ma sappiamo anche che non è esclusa la possibilità del male che si può generare da un cuore che volge le spalle al bene… Per questo abbiamo tutti bisogno di una luce dall’alto che squarci le tenebre del mondo, che rischiari il buio del nostro cuore, che ci faccia prendere coscienza che l’ultima parola della storia è la vita e non la morte, che il bene è più forte del male, che nel cuore di ogni uomo c’è abbastanza energia spirituale e morale per promuovere un mondo migliore dove la convivenza tra gli uomini e i popoli si realizzi seguendo la logica della vita e non quella della morte.

Con la sua morte e Resurrezione Gesù ci ha dato la garanzia che alla fine la vita e la pace trionferanno. Con la Pasqua del suo Figlio, infatti, Dio ha definitivamente scagliato la freccia della pace sull’umanità: nulla e nessuno la potrà fermare. La pace ci sarà; non sappiamo il tempo e le modalità con cui giungerà a pienezza, ma sappiamo che il compimento è assicurato.

La pace, prima che essere il risultato degli sforzi degli uomini, è innanzitutto dono gratuito di Dio, ed è già arrivata in Cristo. E tuttavia il come e il quando sarà finalmente realizzata, in pienezza e per sempre, sono affidati alla nostra responsabilità e al nostro impegno.

Gesù proclama beati gli operatori di pace, ossia coloro che si adoperano per comporre i dissidi, che aiutano gli altri a riconciliarsi. Non basta, infatti, dichiararsi pacifisti per essere destinatari della beatitudine proclamata da Gesù. È necessario diventare “pacificatori”. Non basta schierarsi contro la guerra, ma occorre farsi costruttori di concordia e di pace, mettendo in moto intelligenza, cuore e braccia, ponendo fine alle piccole o grandi guerre a bassa intensità che quotidianamente si combattono in noi, impegnandosi a prendersi cura degli altri, a sanare le ferite, personali e sociali, provocate dall’egoismo che divide e allontana, a costruire reti di giustizia e di solidarietà.

Chi opera per la pace, sa bene che essa è dono fragile, che presuppone alcune condizioni tecniche quali l’applicazione e il rispetto delle regole, il controllo dei meccanismi che generano la povertà, l’accesso alle pari opportunità, un’etica dei rapporti che evita le raccomandazioni e altre forme subdole di pressione sociale, ma esige soprattutto che si costruiscano quei legami che tengono in piedi e fanno crescere le relazioni buone tra gli uomini e tra i popoli.

La pace, insomma, è un edificio che va innalzato giorno per giorno, mattone su mattone, proprio che si costruisce ed edifica una casa: «Nella famiglia – diceva Benedetto XVI – nascono e crescono gli operatori di pace, i futuri promotori di una cultura della vita e dell’amore.

Occorre insegnare agli uomo ad amarsi ed educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che con semplice tolleranza. Ciò richiede il diffondersi di una pedagogia del perdono. È un lavoro lento, perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana. Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza.

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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