Pubblicato il 27 Aprile 2022 | di Saro Distefano
0Così Ibla prese luce
Una svolta radicale, un intervento storico, una vera e propria trasformazione urbanistica quella vissuta esattamente venticinque anni fa della città di Ragusa. E nello specifico l’antico quartiere di Ibla. Era infatti l’aprile 1997 quando i Caterpillar iniziavano il loro polveroso intervento di demolizione del viadotto che circondava la parte meridionale della collina di Ibla.
Una colossale opera in cemento armato che, nelle intenzioni degli amministratori comunali degli anni Cinquanta doveva abbracciare il colle con l’antica città sicula per poterla collegare a Ragusa (evitando in tal modo la “strada interna”, quell’opera ingegneristica in forma di serpente che insieme alle scale unisce la parte alta e la bassa del capoluogo) e alla statale 115, quindi a Modica. S’intendeva, in quegli anni, agevolare il traffico automobilistico dei residenti (mai più di tremila) e dei turisti (si, anche alla fine degli anni ’50 e nei primi anni ’60 a Ibla c’erano i turisti, a differenza di quanto si pensi, seppure in numero molto ridotto rispetto all’attuale flusso alimentato, si spera ancora per molto, da Montalbano e dall’Unesco).
Quel viadotto venne demolito su decisione dell’allora sindaco Giorgio Chessari. Nessuno si oppose, ovviamente. Veniva finalmente eliminata non solo una delle cose più brutte mai realizzate nel nostro territorio, ma assolutamente inservibile, inutile. Come ricordano tutti i ragusani con oltre trent’anni d’età, quel viadotto altissimo, una sorta di superstrada che si reggeva su una fitta foresta di pilastri in cemento armato, non era mai stato completato. Dalla estrema punta levantina del quartiere, nei pressi della chiesa del Signore Trovato, il viadotto si partiva per circa 350 metri e poi finiva nel vuoto. Letteralmente. Ad un certo punto un muretto ne segnalava la fine. Non proseguiva più, ed era infatti utilizzato solo per parcheggiare una dozzina di macchine dei soli residenti in case prossime alla sede stradale. Non altro.
Nell’aprile di venticinque anni fa Ibla prese aria, luce. Demolito il viadotto si completò la attuale via Avvocato Giovanni Ottaviano, la strada tuttora utilizzata per entrare e uscire dalla storica (anzi, preistorica) collina dalla parte della statale 115, dalla cosiddetta “calata o priculu” dei ragusani.
Le foto, gentilmente concesse dall’architetto Giorgio Colosi (che all’epoca dei fatti era funzionario dell’Ufficio Tecnico del Comune di Ragusa), mostrano quell’intervento che, cosa forse più unica che rara, non ebbe nessun oppositore, nessun commento contrario. Forse anche perché non c’erano gli smartphone e nemmeno Facebook. Magari oggi la stessa demolizione – da tutti salutata come fondamentale per la vera rivitalizzazione di Ibla – avrebbe suscitato il commento fortemente critico da parte di chi avrebbe voluto mantenere il viadotto per poter consentire alle rondini di nidificare tra le travi e i pilastri ammalorati, oltre che bruttissimi.