Pubblicato il 10 Giugno 2022 | di Redazione
0Il simulacro di San Giuseppe restituito all’originaria bellezza
Momenti unici, prove di profondo ed autentico fervore religioso: non si possono definire altrimenti gli appuntamenti che, in questo periodo, hanno impegnato la comunità di Santa Croce Camerina che in occasione della festività di San Giuseppe Artigiano ha voluto onorare, secondo tradizione, l’amato patrono.
Il 25 aprile con la “scinnuta” del santo, si è aperto il calendario degli eventi, tra i quali un’interessante conferenza “Cenni storico-artistici della Statua e presentazione del restauro”. Sono intervenuti Gaetano Cascone, cultore di storia locale e membro della Società Storia Patria di Santa Croce Camerina, e Sebastiano Patanè, esperto in conservazione e restauro di beni ed esperto in restauro estetico di dipinti, nonché responsabile dei lavori eseguiti sulla statua e sul fercolo. Preceduto da un discorso introduttivo tenuto dal parroco, sacerdote Salvatore Puglisi, il primo a prendere la parola è stato il dottor Cascone. Egli ha introdotto le novità scaturite dal Convegno di studi del 2015, tenuto a Militello da Calogero Brunetto, su Girolamo Bagnasco e da ricerche da lui stesso condotte. Secondo queste, sembra che l’opera, erroneamente attribuita al giovane Salvatore Bagnasco, provenga sì dalla bottega dei Bagnasco ma data la maturità della scultura ed i tratti che la contraddistinguono sia da attribuirsi al padre Girolamo e allo zio Roberto Bagnasco.
Al suo arrivo, datato intorno al 1836 o nei primi del 1837, fu ornata con le “taddeme”, le aureole di argento di San Giuseppe e del Bambino realizzate il 6 luglio 1837 con il lascito della signora Maria Giuseppa Pisella, e con il bastone d’argento, donato nel 1852 dalla baronessina Concetta Rinzivillo. Ma la fede nel Patriarca, prettamente popolare, affonda le radici alla fine del 1700. Già allora le famiglie “benestanti” erano solite invitare la sera alla propria tavola un uomo vestito con una tunica azzurra che rappresentava “u Patriarca ra chiesa”. Nel 1832 si era soliti onorare il santo con celebrazioni solenni ed elemosine per i poveri, mentre le tradizioni ed i festeggiamenti che noi oggi conosciamo comparvero dopo l’unità d’Italia.
Patanè ha invece mostrato ai presenti la metodologia e la tecnica usate sia per il monitoraggio dello stato del simulacro sia per il conseguente restauro. La statua che nel tempo era stata danneggiata dai maneggiamenti umani e dagli insetti, divoratori del legno, aveva perso il suo aspetto originale.
Le indagini non invasive, hanno rilevato la presenza di diversi materiali applicati nel tempo, e le altre, grazie all’uso della luce ultravioletta, hanno evidenziato le parti originali di color chiaro, facilitando sia la pulitura che il restauro.
Particolarmente complesso è stato l’assemblaggio delle assi del mantello, vista la particolare superficie fatta di velature sapientemente bilanciate, per non parlare poi dei lavori su altre parti della scultura e del particolare tipo di colore usato.
Finalmente la statua è ritornata al suo antico splendore e fra passato e presente, tra fede e tradizione continua ad essere fonte di speranza per intere generazioni.
Luisella Lorefice