Pubblicato il 29 Giugno 2022 | di Redazione
1Mauro Aparo, gigante della carità
Mauro Aparo, notissima figura di laico cattolico attivamente impegnato nella vita e nelle opere della Chiesa di Dio che è in Ragusa, si è spento all’età di 92 anni.
Quanti hanno sperimentato la sua straordinaria forza interiore e la capacità di affrontare, lungo il corso della sua vita, ogni sorta di prove, hanno sperato, fino all’ultimo, che nonostante l’incalzare impietoso della malattia e l’estrema fragilità del suo stato fisico, egli potesse continuare a fare dono della sua straordinaria umanità.
Il giorno del suo funerale è stato vissuto come una festa: la festa del suo ingresso nello splendore della vita senza fine, talmente grande e ricca è l’esperienza umana ed ecclesiale, spirituale e soprannaturale, che egli ci ha lasciato: i suoi ultimi momenti di vita, le sue ultime parole: «pregate, pregate»…«siate sempre uniti, mantenete lo spirito di famiglia», sembrano esprimere il senso profondo delle ultime parole di Gesù: «tutto è compiuto».
Di lui non si può non fare menzione, alla luce dei suoi personali ricordi, del tempo della giovinezza, il tempo tragico della guerra. Era dotato in quel tempo – così egli ci ha raccontato – di un temperamento forte, determinato, poco incline all’ascolto e l’incontro con il Movimento dei Focolari ha segnato uno spartiacque nella sua vita… tale da permettergli di scoprire l’immensa ricchezza del prossimo: la presunzione ha ceduto il passo all’umiltà, alla piccolezza. Da quel momento Mauro è diventato un “popo”, un appellativo, questo, con il quale Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, amava definire i focolarini (“popo”, in trentino, vuol dire “bambino”). Sì, Mauro, è stato sempre tale, non lo si può definire altrimenti: è stato un “popo”, il “bambino evangelico”.
La sua intelligenza, la nitidezza del suo pensiero, la sua cultura, che ha posto al servizio della Chiesa, vivificate dalla scelta di mettere al primo posto Gesù nella sua vita, ha fatto di lui uno “strumento” impareggiabile di carità evangelica.
Mauro era la personificazione dell’amore di Dio: amava tutti, amava per primo, ha amato sempre. Chiunque lo incontrasse si sentiva accolto ed amato. Amava a tal punto da saper “vedere” sempre, oltre le apparenze, il positivo di ognuno. Insomma, faceva star bene tutti e il tempo trascorso nella conversazione era un tempo sospeso nell’eternità del presente.
Mauro ha sempre viaggiato “su due gambe”: la sua famiglia: la sua sposa, Maria, i figli, Paola, Irene, Francesca, Luca e i suoi nipoti che tanto apprezzava ed amava, e la comunità del focolare perfettamente innestata nella Chiesa, sua e nostra Madre.
È stato definito un “Patriarca”, come quelli dell’Antico Testamento, altri lo hanno paragonato ad una “Grande quercia”, altri ancora lo hanno considerato una “Colonna”.
Lo ricordiamo, particolarmente, per la sua parola pronunciata sempre con amabilità, pacatezza, ordine, lucidità, ma ad un tempo con irresistibile incisività. Non esitava mai a mettersi in ascolto attento, rispettoso del pensiero altrui e quando accadeva che qualcuno esprimesse una opinione diversa dalla sua, nel timore di non essersi espresso bene, non mancava di chiedere scusa. La sua parola, mai gridata, era un sussurro, era l’alito dello Spirito che illuminava e orientava ogni occasione di incontro, personale o comunitario.
Oggi – non possiamo non ammetterlo – ci rimane l’amarezza della sua perdita, ma la consolante certezza di aver conosciuto un “gigante della carità”. Sì, è una grande perdita, ma sentiamo di poter dire che egli rimarrà più che mai vivo dentro di noi e che ognuno di noi continuerà a vivere in lui per la comunione dei santi.
A tutti noi il compito e la responsabilità di raccogliere e far fruttificare la sua eredità, ovvero il Testamento di Gesù: “Che tutti siano uno”.
Alfio Di Pietro
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