Società PNRR Italia domani

Pubblicato il 2 Luglio 2022 | di Redazione

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Pnrr, una scommessa da non perdere

L’Italia fa propri i principi e pilastri della Ue con l’elaborazione del “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (Pnrr) che beneficia delle opportunità che essa offre non solo per fronteggiare gli effetti della pandemia, ma anche per affrontare e risanare antiche deficienze del nostro Paese, fra le quali non certo ultime quelle del nostro welfare. In primo luogo, ripercorrerò brevemente le tappe istituzionali che hanno caratterizzato fin qui la definizione e l’attuazione del Piano.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non è una shopping list, cioè un elenco di progetti slegati fra loro, ma un piano a tutti gli effetti con obiettivi generali che orientano la pluralità delle azioni strategiche, con priorità e risorse finanziarie commisurate. È un Piano di massicci investimenti pubblici da realizzare nell’arco temporale di riferimento 2021-2026 che assume l’obiettivo di modernizzare e rafforzare il potenziale di crescita della società italiana e affrontare le sue criticità storiche: l’assenza di infrastrutture digitale adeguate, la capacità amministrativa della pubblica amministrazione, la concorrenza e le barriere di accesso al mercato. Queste sono le priorità e gli interventi specifici che sono ritenuti necessari per attivare rapidamente e rimettere in moto un meccanismo che a causa di eventi esterni al sistema economico si è fermato. Il piano è stato realizzato seguendo le linee guida emanate dalla commissione europea e si articola su tre assi principali: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Il Pnrr raggruppa i progetti di investimento in 16 componenti, a loro volta raggruppate in 6 missioni: Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Coesione e inclusione; Salute.

Il Pnrr italiano prevede l’impiego di 191,5 miliardi di euro, ovvero l’ammontare massimo che l’Italia può richiedere. Risorse cui vanno poi sommate quelle rese disponibili dal programma di finanziamento React-Eu (13 miliardi di euro), pensate per il brevissimo periodo e da spendere quindi negli anni 2021-2023 secondo normative europee e quelle derivanti dalla programmazione nazionale aggiuntiva (il c.d. fondo complementare, che ammonta a 30,64 miliardi di euro). La disponibilità complessiva del Piano risulta quindi di 235,14 miliardi di euro.

Alcuni dei bandi sono riservati ai Comuni e riguardano la realizzazione di strutture da destinare ad asili nido e scuole per l’infanzia, con l’obiettivo di creare, mettere in sicurezza e riqualificare almeno 264.480 posti per servizi di educazione e cura per la prima infanzia;  interventi di recupero di almeno 250 borghi, con popolazione residente complessiva fino a 5.000 abitanti, volti a realizzare iniziative o attività in ambito culturale, welfare, ambiente o turismo; iniziative per la rigenerazione culturale e sociale con la concessione di contributi ad almeno 300 Comuni con l’obiettivo di ridurre fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché migliorare la qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale; interventi di innovazione tecnologica e transizione digitale mediante la concessione di contributi pubblici per la realizzazione di nuove infrastrutture di telecomunicazioni ad alta velocità, nonché il finanziamento di progetti pilota rivolti alla mobilità dei cittadini attraverso l’integrazione in un unico canale digitale di tutti i servizi di trasporto pubblico e privato.

Come risulta chiaro da quanto fin qui detto, il Pnrr rappresenta una sfida complessa, non solo perché prevede ambiziosi obiettivi di riforma e di investimento, ma anche perché richiede una netta inversione di tendenza rispetto al passato nella capacità di realizzare investimenti pubblici in tempi ragionevoli. Ciò vale in particolar modo con riferimento all’esperienza di utilizzo dei fondi strutturali europei che da sempre sconta difficoltà e ritardi. Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza rappresenta la possibilità per ripensare il modello di sviluppo economico e sociale del Paese, dei territori e dei Comuni perché le risorse del Pnrr non sono proprietà dello Stato: sono destinati alla comunità e devono essere un volano per i territori. Non solo soldi da spendere, ma talenti da far fruttare.

Il primo rischio da evitare per “prendere sul serio” il Pnrr sta nell’appiattire il dibattito su procedure (traguardi, target, indicatori), tempistiche (le scadenze imposte dall’Unione) e poteri (cabine di regia e ripartizione tra governo centrale e locale), ignorando una domanda: a quale comunità si vuole dare vita con questi soldi? A cui si aggiunge un’altra questione cruciale: quali soggetti sono chiamati a dare risposta a questa domanda.

Forse quello che più conta per innescare reali percorsi di sviluppo – ed è il secondo punto chiave – è programmare gli investimenti pensando ai modelli per la gestione futura dei servizi, individuando i bisogni a cui rispondere e l’impatto potenziale. Conta insomma assumere una logica condivisa di responsabilità sociale di territorio. La soluzione necessaria è allargare il tavolo di progetto che si è aperto su questi fondi, e di conseguenza la discussione collettiva, in modo da includere oltre gli enti locali tutti i soggetti che svolgono attività sussidiarie sul territorio.

Purtroppo oggi, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, più voci si sono alzate per la modifica di alcune finalità del Pnrr. Ritengo si tratti, come spesso accade in Italia, di scelte poco ponderate o come si suol dire “di pancia”.

Renato Meli

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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