Politica

Pubblicato il 31 Dicembre 2022 | di Vito Piruzza

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A chi giova il tetto all’uso del contante nel Paese dell’evasione fiscale record?

Uno degli argomenti che tiene banco nel dibattito politico relativo alla legge finanziaria è costituita dal problema dell’uso del contante nella legislazione italiana.

Già questo costituisce una anomalia, se si pensa al peso che sulla nostra economia hanno l’attuazione del Pnrr e il costo dell’energia, è bizzarro che si ponga enfasi su queste norme che di fatto hanno un peso risibile sulla legge finanziaria.

Ma l’argomento è di quelli identitari che da una parte qualifica i partiti di maggioranza con l’elettorato di riferimento, e dall’altro permette di canalizzare l’attenzione su un argomento che rispetto alla finanziaria c’entra come i cavoli a merenda.

Ed infatti, nel dibattito politico il tema viene trattato dai rappresentanti della maggioranza in termini puramente ideologici.

L’aumento del tetto di utilizzo del contante a 5.000 euro, in assenza di argomenti economici, diventa una “battaglia di libertà”, e appena la Banca d’Italia critica il provvedimento si arriva perfino a delegittimarla; in più, quando il Consiglio dell’Unione Europea richiede di imporre in tutti i 27 Paesi un limite al contante, affermando quindi il principio che è uno strumento efficace e necessario per contrastare il riciclaggio, e fissando per ovvi motivi di compromesso la soglia a 10.00 euro ( non si poteva fare altrimenti atteso che 9 Paesi non ce l’hanno e per altri 3 il limite è pari o superiore a 10.00 euro), l’argomento viene utilizzato per affermare che l’Unione avrebbe riconosciuto che il nuovo limite è abbondantemente in linea, tacendo sul fatto che i Paesi che finora non hanno adottato questa normativa, come la Germania, l’Olanda o l’Austria non conoscono il fenomeno massiccio dell’evasione fiscale.

Al contrario per quanto riguarda la possibilità di rifiutare il pagamento con carta per gli acquisti fino a 60 euro (provvedimento  “limitativo della libertà” dei consumatori di pagare come preferiscono), invece l’argomento utilizzato è di ordine economico: per non gravare gli esercenti delle commissioni bancarie; tacendo che fino a pochi mesi fa i costi delle commissioni Pos davano agli esercenti un credito di imposta pari al 100% dell’ammontare, percentuale dal primo luglio ridotta al 30%, quindi sarebbe bastato ritoccare questa percentuale per risolvere il problema…

Risulta abbastanza evidente che in entrambi i casi le argomentazioni sembrano surrettizie e invece il vero problema è la ritrosia con cui certi ambienti economici si approcciano alla tracciabilità dei flussi finanziari.

Ovviamente nel dibattito si tace sui costi e sui rischi che comporta l’uso del contante (custodia di valori, rischio di banconote false, rischio rapine etc.) sia per gli esercenti, ma anche per la società; basta avere un briciolo di memoria per ricordare le cronache delle rapine, a volte sanguinose, ai distributori di carburante, fenomeno oramai totalmente desueto…

Per fortuna quella intrapresa dal governo è una battaglia di retroguardia, il processo di utilizzo massiccio della moneta elettronica anche nel nostro Paese, anche se in ritardo, è oramai avviato e si sa, i processi culturali e sociali prevalgono sempre sulle norme, specie se oramai superate dalla storia.

 

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