Pubblicato il 25 Febbraio 2023 | di Redazione
0Come Cristo Servo: il diacono, espressione della chiamata al servizio della Chiesa
Nel dicembre del 2019, al terzo anno del mio cammino di formazione in seminario, mentre venivo ammesso tra i candidati all’Ordine Sacro, dinanzi al vescovo e alla Chiesa diocesana ho pronunciato il mio «Eccomi» e mi sono impegnato a portare a termine la mia preparazione, per essere pronto ad assumere nella Chiesa il ministero che a suo tempo mi sarebbe stato conferito per mezzo del sacramento dell’Ordine. Quel tempo che mi si prospettava dinanzi adesso si è fatto vicino e la sera del prossimo 24 marzo, nella solennità dell’Annunciazione del Signore, per l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione del Vescovo Giuseppe, diventerò diacono.
I giorni che sto vivendo e che mi separano dall’ordinazione diaconale sono intrisi di gratitudine e gioia, stupore e trepidazione. La gratitudine scaturisce dal far memoria di tutto il cammino compiuto finora. Sono consapevole che Dio ha guidato e guida i miei passi e scrive insieme a me il suo disegno d’amore per la mia persona e per la sua Chiesa. Vivo la gioia di essere stato guardato da Dio e scelto dalla Chiesa per il ministero ordinato e, allo stesso tempo, la consapevolezza dei miei limiti. Per questo mi stupisco ancora della fiducia di Dio nei confronti degli uomini e, in particolare, della mia persona. C’è poi la trepidazione perché la chiamata al ministero sovrasta ogni logica umana: sarebbe impossibile attuarla senza il dono della grazia di Dio.
Mi sento immerso in un tempo forte nel quale mi sento chiamato a rileggere la mia storia alla luce della presenza del Signore in essa. In particolare, scorgo nel tempo del seminario quanto di più bello abbia ricevuto in dono dal Signore. La preghiera e i sacramenti, la formazione e la direzione spirituale, la stessa vita comunitaria mi hanno aiutato a prendere coscienza della mia dignità di figlio amato dal Padre, a riscoprire il dono della mia chiamata battesimale alla vita nuova in Cristo e nella sua Chiesa, ad accogliere l’altro come fratello perché figlio di Dio, come me.
L’esperienza di Chiesa che ho vissuto fin da bambino è maturata in questi anni. La Chiesa alla quale ho sempre guardato come ad una famiglia, è la stessa Chiesa a cui guardo sempre più come corpo del Signore che cresce grazie all’Eucaristia celebrata e condivisa, Chiesa che è madre e maestra. Sono giunto ad una grande consapevolezza: al di fuori di questa esperienza di comunione ecclesiale non avrei mai potuto scegliere di seguire il Buon Pastore sulla strada verso il ministero ordinato, né di svolgere alcun altro compito o servizio nella comunità cristiana. Ogni vocazione e ogni servizio nella Chiesa, infatti, hanno in Gesù la loro origine e il loro massimo esempio.
Il sacramento dell’Ordine, nel grado del diaconato, conforma colui che lo riceve a Gesù Servo. Il diaconato, infatti, sottolinea l’umiltà di Cristo e la sua spogliazione: egli svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini, e umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce (Cf. Fil 2, 7-8). Il servizio alla Chiesa, nella Chiesa e ad ogni uomo e donna ha come orizzonte alto il dono di sé, della vita, come Gesù che «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 45).
In una Chiesa che è tutta ministeriale, tutta dedita al Regno di Dio e all’umanità a cui essa è inviata, il diacono è chiamato, con il suo compito, a ricordare e ravvivare questa chiamata al servizio, che è propria di tutti i battezzati.
Il diacono è chiamato in primo luogo ad annunciare il Vangelo, proclamando la Parola del Signore nella liturgia, spiegandola ai fedeli nell’omelia e nella catechesi. Per questo, durante il rito di ordinazione, il Vescovo consegna al nuovo diacono il libro dei Vangeli.
Il diacono è anche definito come il ministro del calice. Il centro della vita della Chiesa è infatti la celebrazione eucaristica perché la comunità cresca sempre più nell’amore. Il diacono aiuta il vescovo e i presbiteri servendo l’altare del Signore durante l’Eucaristia. Egli tiene nelle sue mani il calice e lo “porge” al popolo di Dio. Il legame con il calice del Sangue del Signore fa del diacono un’espressione visibile della carità di Cristo. Proprio per questo, prima della preghiera di ordinazione, il vescovo chiede al candidato: «Tu che sull’altare sarai messo a contatto con il corpo e sangue di Cristo vuoi conformare a lui tutta la tua vita?». «Sì, – risponde il candidato – con l’aiuto di Dio, lo voglio».
Investito del Sacro Ordine, il diacono ha anche il compito di guidare la preghiera della comunità, amministrare il battesimo, assistere e benedire il matrimonio, portare il Viatico ai moribondi e presiedere il rito delle Esequie.
Chi, come me, riceve il diaconato in vista dell’ordinazione presbiterale, sceglie liberamente di consacrare il proprio celibato, perché, con cuore indiviso, possa dedicarsi completamente al servizio di Dio e dei fratelli. In questi anni mi sono persuaso che la chiamata al sacerdozio ministeriale sia accompagnata da quella al celibato. La seconda non è semplicemente una conseguenza della prima. E come ogni chiamata che è dono, anche quella al celibato va custodita. Origine e modello della scelta di vivere nel celibato è certamente l’Eucaristia, non soltanto in un orizzonte prettamente spirituale ma specialmente nella concretezza del vissuto quotidiano. Nelle parole di Gesù sul pane e sul vino durante l’ultima cena possiamo trovare il monito più grande di questo dono d’amore: prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto per voi; prendete a bevetene tutti questo è il mio sangue versato per voi (Cf. Mt 26,26-28; Mc 14,22-24; Lc 22,17-20).
L’importanza del ministero dei diaconi nella Chiesa ha portato, in particolare dopo il Concilio Vaticano II, a sviluppare una riflessione più ampia e completa su questo grado dell’Ordine Sacro, che ha condotto a ripristinare il diaconato nella forma permanente. Questo ministero ordinato non viene conferito soltanto a coloro che, a tempo debito, saranno ordinati presbiteri, ma anche a uomini celibi o sposati, perché non manchi mai, nella comunità cristiana, il fondamentale servizio diaconale.
Il rito dell’ordinazione diaconale si svolge nella celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo. Subito dopo la proclamazione del Vangelo, dinanzi al popolo viene chiamato il candidato che pronuncia il suo «Eccomi» e un presbitero chiede al vescovo che questo fratello possa essere ordinato diacono. Dopo l’omelia, il vescovo chiede al futuro diacono di assumere alcuni impegni riguardanti il ministero. Tutta l’assemblea, quindi, invoca l’aiuto della Chiesa del cielo con le litanie dei Santi. Il momento più importante del rito è costituito dall’antico e significativo gesto dell’imposizione delle mani del vescovo sul candidato e dalla preghiera di Ordinazione nella quale, per bocca del vescovo, la Chiesa chiede al Signore l’effusione dello Spirito Santo perché fortifichi con i suoi doni il candidato e possa compiere fedelmente l’opera del ministero di diacono. Il nuovo diacono viene rivestito degli abiti propri del suo ministero, cioè la stola posta trasversalmente dalla spalla sinistra al fianco destro e la dalmatica. L’ordinato poi, come già accennato, riceve dal Vescovo il libro dei Vangeli come segno visibile del compito di annunciare la parola di Cristo. Infine, il nuovo diacono scambia un abbraccio di pace con il vescovo e gli altri diaconi.
Celebrando il rito dell’ordinazione diaconale nel giorno dell’Annunciazione del Signore si sottolinea maggiormente il richiamo alla spogliazione di Gesù, Verbo di Dio che si fa uomo e servo per amore.
Mentre contempliamo il mistero dell’Incarnazione, guardiamo anche a Maria. In lei scorgiamo un’immagine stupenda del servizio suscitato dall’accoglienza della Parola di Dio nel cuore. A lei, serva del Signore, affidiamo ogni vocazione e ministero!
Mario Modica