Vita Cristiana

Pubblicato il 26 Febbraio 2023 | di Emanuele Occhipinti

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Al bivio tra cura ed indifferenza «Così il buon samaritano cambia le cose e genera un mondo più fraterno»

«La persona ammalata
parte attiva
della missione
della Chiesa»

Non vorremmo rischiare che la XXXI Giornata Mondiale del Malato, celebrata diffusamente anche nella nostra Diocesi, si risolva nella pubblicazione del Messaggio del Papa, “Abbi cura di lui”; tentiamo di attenzionarlo, guidati sapientemente dal nostro vescovo, monsignor Giuseppe La Placa, che ha celebrato in cattedrale la Giornata insieme con il vicario, don Sebastiano Roberto Asta, con don Giorgio Occhipinti, direttore dell’Ufficio Pastorale della Salute e con don Giovanni Filesi, responsabile dei ministri straordinari dell’Eucarestia. Ma soprattutto insieme agli ammalati, alle persone con disabilità ed ai volontari che se ne occupano, nonché con il personale medico, infermieri e personale ausiliario. La prima attenzione del vescovo è stato l’abbraccio con i malati: «Un particolare saluto desidero rivolgere soprattutto a voi, carissimi malati qui presenti e a quanti si uniscono a noi con la preghiera l’offerta della loro sofferenza. Il vescovo vi saluta con vivo affetto, assicurando un ricordo speciale nella preghiera per voi e per le persone che vi stanno accanto». Prendendo spunto dal Messaggio del Papa, definito «parole cariche di amore verso di chi soffre», mons. La Placa ha sottolineato il significato della Giornata che «ci ricorda e ci insegna innanzitutto il valore della prossimità ai nostri fratelli ammalati. Essi, oltre alla necessità delle terapie mediche, hanno soprattutto bisogno di vicinanza fraterna per essere confortati, aiutati e sorretti in un momento difficile della loro vita. Ma c’è anche un aiuto, altrettanto importante, che non può mancare alla persona malata: quello di essere accompagnata e sostenuta spiritualmente, illuminata sul senso da dare alla propria condizione di fragilità, e cioè l’accogliere la sofferenza come partecipazione al mistero della morte e risurrezione di Cristo, da cui scaturisce quell’amore di offerta di sé che sorregge anche quando si è crocifissi dal male. E il Signore Gesù che aiuta a portare la propria croce con amore, a vivere la malattia come momento di partecipazione alla salvezza di sé stessi e del mondo intero».

L’esperienza del dolore e della malattia – che «fa parte della nostra esperienza umana», come esordisce il Papa – pur nel dramma umano che essa arreca, assume un particolare significato nell’ottica della fede cristiana poiché «le situazioni di fragilità ci mettono in modo speciale a contatto con la croce di Cristo, ci avvicinano alla sua vita, ci rendono più simili a lui. E solo nella fede, infatti, che è possibile accedere all’esperienza della fecondità del dolore, della malattia, della sofferenza per la vita e la maturazione del corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. Anche nelle condizioni più disperate, anche se bloccati a letto o immobilizzati, stando ai piedi della croce assieme alla Madonna, l’ammalato può collaborare in modo del tutto speciale alla gloria del Regno di Dio su questa terra e alla salvezza degli uomini e del mondo intero». In questo pensiero si rivela tutta la sostanza della pastorale della salute che la Chiesa diocesana cura con attenzione, mettendo al centro la persona ammalata «parte attiva della missione della Chiesa». La cura per le persone ammalate o il cammino insieme alle persone con disabilità, nella semplificazione del linguaggio comune erroneamente assimilate alle persone ammalate ed invece protagoniste della vita ecclesiale e diversamente energiche nell’opera di evangelizzazione, non è quindi mera filantropia o esercizio di svago a favore di persone che non hanno piena autonomia nella mobilità. «È esercizio sinodale per imparare a camminare insieme secondo lo stile di Dio, che è vicinanza compassione e tenerezza». Prendersi cura del malato e di tutte le fragilità umane è perciò un fatto propriamente ecclesiale e di tutta la comunità. Una cura non demandata ai volontari di ogni benemerita associazione, così affezionati e carini con la loro divisa colorata piena di mostrine e simboli di devozione, ma di ogni cristiano che vuole sentirsi parte del cammino comunitario. «Il malato, — ha detto il vescovo usando un’immagine che ci costringe ad abbandonare l’indifferenza ed a fare una scelta – è spesso una persona posta al bivio tra passanti indifferenti e il buon samaritano, in cui l’uomo percosso e abbandonato al bordo della strada è la pietra d’inciampo tra una fraternità negata e la compassione di chi sceglie di fermarsi e aiutare (…): due passanti, considerati religiosi, vedono il ferito e non si fermano. Il terzo, invece, un samaritano, uno che è oggetto di disprezzo, è mosso a compassione e si prende cura di quell’estraneo lungo la strada, trattandolo da fratello. Così facendo, senza nemmeno pensarci, cambia le cose, genera un mondo più fraterno».

Parole rilanciate a ciascuno che dimostrano con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri e che si oppongono a una società dell’esclusione. Ed è proprio con questo esempio evangelico che la Chiesa (e il cristiano) deve continuamente misurarsi se vuole essere «un valido ospedale da campo», secondo la felice definizione usata da Papa Francesco. «Amando e servendo gli ammalati – ha concluso mons. La Placa, come a voler dare un mandato ad ognuno – amiamo e serviamo Gesù. Nei nostri occhi, sul nostro volto, nei nostri gesti, nelle nostre carezze, nella nostra vita essi dovranno vedere l’amore di Dio. Siamo chiamati, tutti noi, a realizzarlo nella nostra vita, facendoci prossimo verso i nostri malati, sostenendoli dal punto di vista fisico e spirituale, accompagnando i loro famigliari, cercando e suscitando modalità nuove di presenza, dialogando con le istituzioni, che hanno bisogno non solo di cittadini obbedienti, ma anche propositivi, collaboranti nella ricerca del bene comune».

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Autore

Laureato in Scienze Economiche e Bancarie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, lavora dal 1990 presso Banca Agricola Popolare di Sicilia, attualmente in staff alla Direzione Commerciale. E’ impegnato nell’associazionismo e nel volontariato nazionale ed internazionale, settori per i quali svolge anche il ruolo di formatore. Già presidente diocesano di Azione Cattolica, è, in atto, Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi di Ragusa e membro del Consiglio Nazionale della FISC (Federazione Italiana Settimanali Diocesani).



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