Società

Pubblicato il 27 Giugno 2023 | di Mario Cascone

0

L’etica dell’antietica

Non è possibile vivere senza seguire un’etica. Anche coloro i quali dicono di non seguirne nessuna, in realtà ne hanno almeno una: quella di non averne nessuna! Costoro di fatto mettono tra parentesi la preoccupazione morale, pensando che essa non solo non è necessaria, ma può risultare di intralcio al perseguimento dei propri interessi. Ciò vale soprattutto in campo economico: il “padre” del capitalismo classico, Adam Smith, sosteneva che nel campo economico non ci sono regole etiche da seguire, perché gli affari sono affari e non possono essere ostacolati da preoccupazioni morali. Smith diceva anche che le inevitabili diseguaglianze provocate dal capitalismo, secondo cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, saranno poi ordinate da una sorta di “mano divina”, che riordinerà ogni cosa secondo criteri di giustizia…

Sulla base di queste considerazioni una certa tradizione calvinista considera la ricchezza economica una vera e propria benedizione divina, un segno dei favori celesti, che consente agli operatori economici di arricchirsi con ogni mezzo, sapendo di essere addirittura benedetti dalla divinità. Era forse questa la “mano divina” di cui parlava Smith?

Oggi questa concezione, che potremmo definire l’etica dell’antietica, è molto diffusa. Il successo, da ottenere ad ogni costo, si associa al rampantismo, all’intraprendenza di chi non si lascia frenare da niente nella sua corsa al potere e al conseguimento dei primi posti. Una persona non viene giudicata per la sua onestà e per la bontà del suo comportamento, ma per il successo che ha saputo ottenere, anche infischiandosene di seguire le leggi e finendo per chiamare bene il male e male il bene. Un uomo sincero e buono viene considerato, in quest’ottica, uno sciocco, uno che non ci sa fare, perché non sa districarsi con destrezza nella vita e crede ancora a dei valori che sono obsoleti o validi solo per gli illusi. Viceversa il furbo, il disonesto, l’affarologo che pensa solo ad arricchirsi e a non arrestarsi nella sua scalata al potere, viene considerato uno in gamba, meritevole di invidia e modello da imitare. Dall’alto del suo potere economico-politico, ottenuto in barba ad ogni regola e capace di “comprare” ogni cosa coi suoi ingenti capitali, costui viene anche osannato da coloro i quali hanno in qualche modo beneficiato della sua ricchezza.

Ci sarebbe da chiedersi se la strada degli arrampicatori sociali e degli uomini di successo, che sanno vendere bene la propria immagine e sono capaci di procacciarsi il favore di certa opinione pubblica, sia poi una strada che conduce alla felicità e all’immortalità. In altri termini la questione è quella di capire qual è lo sbocco di quest’etica dell’antietica, che ritiene unico valore quello del perseguimento dei propri interessi e che non conosce nemmeno l’idea di trasgressione, di corruzione, di collusione o, per dirla in termini di fede, di peccato. Non è difficile pensare che lo sbocco sia quello di una misera consistenza della propria vita, che si rifà al classico assioma quaresimale: “homo humus, fama fumus, finis cinis”.

Tags: , ,


Autore

Sacerdote dal 1981, attualmente Parroco della Chiesa S. Cuore di Gesù a Vittoria, docente di Teologia Morale allo studio Teologico "San Paolo" di Catania e all'Istituto Teologico Ibleo "S. Giovanni Battista" di Ragusa, autore di numerose pubblicazioni e direttore responsabile di "insieme".



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna Su ↑