Attualità

Pubblicato il 29 Luglio 2023 | di Saro Distefano

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Tristezza, impotenza e amore estremo

Ha avuto un notevole risalto (per quanto, in questi casi, non è mai abbastanza) la notizia di un arresto, operato dagli agenti della Squadra Mobile della Polizia di Ragusa. Protagonista del fatto di cronaca un giovane uomo, 29 anni d’età. È accusato di maltrattamenti, minacce ed estorsione. Reati gravi che, se confermati dall’indagine e dal processo penale, potrebbero costringere il giovane a qualche anno di carcere.

Quanto aggrava la situazione del giovane uomo ragusano, anche ma non soprattutto sul piano puramente legale, è il fatto che le vittime di maltrattamenti, minacce ed estorsione erano i genitori stessi dell’indagato. Quei genitori che hanno denunciato il loro figlio.

Questa è in sintesi la notizia che abbiamo letto sui giornali e sentito nelle radio e televisioni locali. Una notizia di cronaca nera, tra le tante.

Quanto la rende particolare è ovviamente il coinvolgimento diretto dei genitori del giovane finito in carcere. Perché sono stati proprio loro a denunciarlo alla Polizia. Basterebbe questo dato per dare un’idea di cosa può essere accaduto in quella famiglia. Di quale e quanto dolore avranno provato quei genitori costretti a compiere un atto che – si capisce – è del tutto innaturale: accusare il proprio figlio, di fatto mandarlo in galera.

Chissà quanto avranno subito, quanto avranno discusso tra di loro, quali e quanti dubbi su da farsi. E per arrivare a tanto vorrà dire che erano proprio esasperati. Al punto da preferire il sapere la loro creatura in carcere piuttosto che libero. Libero di fare male e di farsi male (il rapporto dei poliziotti della Questura di Ragusa riferisce di altri atti violenti del protagonista della vicenda, anche nei confronti di personale del Comune di Ragusa). Proprio questo avrà fatto decidere i genitori: tutelare il loro figlio, regalargli un atto d’amore, sotto forma di denuncia penale, ma di fatto una tutela, un volerlo proteggere da sé stesso.

Chissà quanta tristezza alberga adesso nell’animo di quei due genitori, dell’intera famiglia coinvolta nella buia vicenda.

Stare in carcere, avere tempo per fare i conti coi propri fantasmi potrebbe aiutare davvero il giovane a rivedere la propria vita, a capire quale sia la giusta strada. Potrebbe salvarlo davvero.

E la società, la comunità. La chiesa, la scuola? Cosa fare?

Perintanto, riferire il fatto. Scriverne, parlarne, raccontarlo, farlo arrivare alle orecchie dei nostri giovani. Se droga, giochi azzardati, rischi personali specie se inutili, gratuiti, sono tradizionalmente molto attrattivi per gli adolescenti e sovente creano un effetto d’emulazione, è altrettanto vero che il giusto allarme, l’esempio quale monito posso fare tanto.

Io mi metto nei panni di quel papà che, avendo un figlio di 29 anni, molto probabilmente è un mio coetaneo, prossimo alla sessantina, se non già raggiunta. E vedere la propria vita in queste condizioni, e chiedersi dove abbia sbagliato, dove non ha fatto quando avrebbe dovuto fare, quale parola, quale esempio errato nei confronti del figlio. Al netto del fatto che ogni persona è diversa da tutte le altre e l’influenza, nefasta o accrescente dell’ambiente frequentato, può più dell’educazione dell’ambiente familiare.


Autore

Nato a Ragusa nel 1964 è giornalista pubblicista dal 1990. Collabora con diverse testate giornalistiche, della carta stampata quotidiana e periodica, online e televisive, occupandosi principalmente di cultura e costume. Laureato in Scienze Politiche indirizzo storico, tiene numerose conferenze intorno al territorio ibleo.



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