Attualità

Pubblicato il 1 Agosto 2023 | di Alessandro Bongiorno

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Il grido di dolore della sanità pubblica

La realtà grida e il grido è più acuto perché è quello di persone sofferenti costrette a ricorrere all’assistenza della sanità pubblica. Dai tempi di attesa di una visita specialistica agli accessi al pronto soccorso tutto racconta di una situazione ormai sfuggita di mano e alla quale non sarà neanche facile porvi rimedio. L’abnegazione del personale medico e sanitario non basta più. I pronto soccorso, tanto dei piccoli ospedali di provincia quanto delle strutture più grandi, sono lo specchio di una sofferenza che si trascina per ore in condizioni nelle quali la dignità umana è calpestata e umiliata.

Sarebbe anche facile andare alla ricerca delle responsabilità, di una sanità pubblica che la politica ha riscoperto come valore solo durante i lunghi mesi della pandemia. Ora occorre trovare soluzione a breve termine ma anche in prospettiva. I giovani neolaureati non sono più attratti dai bandi delle aziende sanitarie, i medici più esperti trovano migliori condizioni di lavoro nelle strutture private perché, in questo modo, riescono a svincolarsi da turni festivi e notturni, reperibilità, emergenze, stress. Ecco perché occorrono soluzioni in grado di tamponare l’emergenza per riempire di nuovo di medici e personale sanitario le corsie e soluzioni più a lungo termine capaci di rendere il lavoro in ospedale nuovamente appetibile. Non è solo questione di soldi. Occorre un’organizzazione che oggi la sanità e gli ospedali, in mano ai supermanager indicati dalle Regioni, hanno smarrito. In Calabria e in Sardegna solo l’arrivo di medici da Cuba ha reso possibile non chiudere interi reparti e persino alcuni ospedali. Lo stesso sta accadendo in Sicilia dove, ad esempio a Caltanissetta, sono stati chiamati medici formatisi in Argentina. Nel resto del panorama hanno iniziato a prendere piede i medici a gettone. Sono medici che si aggregano in cooperative e offrono al sistema sanitario le loro prestazioni. Sono disponibili a coprire anche più turni consecutivi in modo da nascondere le carenze di personale medico nei Pronto Soccorso e nelle corsie. Guadagnano anche il quadruplo di un medico inquadrato nel sistema sanitario e in pochi giorni sono in grado di eguagliare lo stipendio di un medico ospedaliero. I risultati e le sofferenze delle persone che attendono in pronto soccorso una visita ci dicono che è un modello non in grado di assicurare standard minimi di assistenza.

Spetterà alla politica, con il supporto dell’Ordine dei Medici, delle Università, dei sindacati del settore della sanità, delle amministrazioni locali trovare il modo di assicurare dignità e diritto alla salute ai cittadini che, tra l’altro, pagano tasse e ticket per un servizio che non può essere certamente quello offerto e garantito oggi. La necessità di un servizio adeguato è ancora più avvertito al Sud e, soprattutto, tra le fasce della popolazione che non possono proprio permettersi visite e prestazioni a pagamento.


Autore

Giornalista, redattore della Gazzetta del Sud e condirettore di Insieme. Già presidente del gruppo Fuci di Ragusa, è laureato in Scienze politiche.



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