Pubblicato il 24 Gennaio 2024 | di Redazione
0Cultura della Pace da far crescere, speranza da far diventare storia
Perché celebrare i sessant’anni dalla pubblicazione di questa enciclica?
Basta una fotografia al mondo (banca dati Acled: durante la settimana dal 2 all’8 dicembre 2023 nella quale si sono registrati 2982 eventi di violenza politica, con + 8% rispetto alla settimana precedente, 722 battaglie, 1651 esplosioni o violenza a distanza, 2179 proteste, 98 dimostrazioni violente), per renderci conto che la Pacem in terris conserva ancora la sua notevole attualità e, nonostante il tempo trascorso, la sua urgenza.
Nel mondo attuale questi conflitti armati, alcuni dei quali durano da diverso tempo, hanno conseguenze devastanti anche per le popolazioni civili.
Nello Yemen, in Siria, nel Mali, in Ucraina, in ultimo lo scontro Israelo-Palestinese e in tante altre aree del mondo i contrasti hanno assunto la forma della guerra.
Il richiamo della Pacem in terris ai doveri della pace fin dalla sua prima pubblicazione ricevette ampi consensi, ma questo richiamo è stato nella realtà continuamente disatteso dai concreti comportamenti delle nazioni.
Oggi la prospettiva di una comunità umana che metta del tutto al bando la violenza è ben lontana dalla sua realizzazione: del resto, nell’enciclica la costruzione e la diffusione di quella cultura della pace non viene concepita soltanto come assenza di guerra, ma piuttosto come un processo graduale, spirituale ed anche politico, nel senso alto del termine, in grado di coniugare il coraggio dell’utopia e la necessità della giustizia con il realismo dei compromessi che nascono dalla pratica del dialogo fra diverse istanze.
Con la “Pacem in terris” la Chiesa ha oltrepassato con il suo appello i confini del mondo cattolico per rivolgersi a «tutti gli uomini di buona volontà», siano essi credenti e non credenti, cristiani e anche persone di altre religioni.
Questa apertura all’epoca della sua divulgazione ebbe un carattere fortemente innovativo, che in parte sorprese e fece discutere.
I temi dell’enciclica, il rispetto dei diritti delle persone, la giustizia sociale, la democrazia e la pace, erano stati già trattati, ma questo appello senza confini ha rinnovato la collocazione della Chiesa all’interno del mondo.
Seppure emanata nel difficile clima della “guerra fredda” non ha risentito di quella divisione, respingendo, pur nella chiarezza dei principi, la visione di un mondo drasticamente diviso tra bene e male.
Inoltre, anche il riconoscimento dell’importanza di un documento secolare come la Dichiarazione dei diritti dell’uomo fu considerato, da alcuni ambienti conservatori, un abbandono da parte della Chiesa delle sue posizioni tradizionali. Giovanni XXIII a fronte di questi timori, ribadì: «Non cambiamo il Vangelo, ma siamo noi che ci sforziamo di cambiarci e di comprenderlo meglio».
Per Papa Roncalli la pace ha molteplici dimensioni che vanno dalle relazioni individuali a quelle internazionali ma concerne tutti gli ambiti dell’esistenza sociale, fino alla dimensione intima di ogni persona, prospettando un «disarmo integrale» che investe «anche lo spirito». Roncalli non si è occupato della definizione e dei frutti della pace, bensì delle condizioni che la rendono possibile, indicando quattro pilastri indispensabili: verità, giustizia, amore e libertà. Non può sussistere un ordine che non sia fondato sulla verità e costruito secondo giustizia, ma vivificato e integrato dalla carità, che si esprime nella solidarietà senza discriminazioni.
La Pacem in terris ha avuto una grande influenza nel mondo, sia nella Chiesa che nella società, ed ha ispirato molte altre iniziative e documenti per la pace, come la Giornata Mondiale della Pace, istituita da Paolo VI nel 1967, e le successive encicliche sociali dei Papi, come la Populorum Progressio, la Gaudium et Spes, la Sollecitudo rei socialis, la Centesimus annus, la Caritas in Veritate, la Laudato si’ e la Fratelli tutti. Molti dei temi e delle questioni trattati nell’Enciclica sono ancora oggi oggetto di dibattito e di ricerca di soluzioni, come il disarmo, la promozione dei diritti umani, la democrazia, il progresso sociale, l’ecologia, la giustizia sociale, il dialogo interreligioso, la fraternità universale.
Il nuovo ordine mondiale, fondato sul riconoscimento dei diritti e della pace auspicato da Giovanni XXIII è ancora lontano dal realizzarsi compiutamente. Nonostante questo, anzi proprio per il perdurare di questi scenari, Pacem in terris rappresenta un punto di riferimento e una speranza.
Con gli angeli di “Il cielo sopra Berlino” venne abbattuto, da un regista, il muro prima che cadesse”. Il film di Win Wenders del 1987 ci dice che l’idealità va lontano e precede la storia. Una parola di pace dura più delle sequoie.
Renato Meli