Pubblicato il 5 Ottobre 2024 | di Vito Piruzza
0La vita, la morte, la sofferenza all’interno delle nostre carceri
Mi chiedo cosa succederebbe se in una comunità cittadina di 62.000 abitanti, una comunità poco più piccola della nostra Ragusa o della nostra Vittoria avvenissero due suicidi ogni settimana?
Immagino che lo shock sarebbe grande, che saremmo sommersi da un profluvio di analisi psicologiche, sociologiche, antropologiche…
Ebbene questi sono i numeri dei suicidi tra le persone detenute e il dato non alimenta di fatto nessun dibattito, una media di due suicidi a settimana in una comunità di 61.725 persone.
Per dare un dato di raffronto: nel nostro Paese, per fortuna, il tasso di suicidi non è molto elevato, si attesta su 0,7/0,8 casi ogni 10.000 abitanti e invece tra i detenuti nel 2022 l’incidenza è stata per 20 volte superiore: 15,4 suicidi ogni 10.000 detenuti. Se il trend attuale venisse confermato quest’anno rischiamo di superare quel dato che ha costituito finora un record negativo.
Le cause ovviamente sono tante: tra le principali sicuramente il sovraffollamento, problema che si trascina da tanto tempo che mediamente è del 30% ma in alcune carceri per motivi contingenti schizza a percentuali assurde, come nel caso di San Vittore in cui il garante dei detenuti ha rilevato a inizio estate un sovraffollamento del 230%; la carenza di personale che continua a persistere e che affligge gli operatori della vigilanza allo stesso modo dei reclusi (anche tra di loro il tasso di suicidi è molto alto perché il malessere nelle carceri non viene fermato dalle sbarre, deborda anche al di là); le strutture spesso vetuste e con standard di vivibilità bassi: ad agosto due parlamentari regionali, dopo avere compiuto un’ispezione presso il carcere dell’Ucciardone (un carcere aperto nel 1842 che anche dall’esterno manifesta tutti i suoi limiti), appurata la sofferenza cui erano soggetti i detenuti a causa del caldo torrido di questa estate, dopo avere proposto inutilmente l’inserimento in finanziaria del relativo stanziamento si sono autotassati e in sinergia con alcune imprese hanno donato ai detenuti 130 ventilatori.
Fin qui abbiamo parlato di numeri e fatti, ma quello che a mio avviso costituisce l’elemento più problematico è costituito dalla coltre di indifferenza (che in alcuni casi scade nell’accanimento) che avvolge tutto questo mondo, l’idea che una volta rinchiusi nella discarica sociale che sono le carceri il destino delle persone non ci riguardi più. Quasi che il valore della dignità della persona per coloro che hanno commesso un reato non sia vigente, anzi è molto trendy chiedere maggiore severità nel trattamento carcerario…
Si continuano a proclamare i valori della Costituzione (spesso ignorandoli), ma si continua a pensare il carcere esclusivamente come afflittivo, una sorta di vendetta sociale, con buona pace del comma 3 dell’art. 27: “Le pene (…) devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Per non dire poi che per noi cristiani (e quelli che siamo stati educati da piccoli alla precettistica tradizionale dovremmo ricordarcelo bene) la pietà nei confronti del carcerato, oltre ad essere inclusa nel precetto di amore per il prossimo, è codificata nelle 7 opere di carità.