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Pubblicato il 12 Novembre 2024 | di Alessandro Bongiorno

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Eni Versalis, una sfida che nessuno può perdere

Nell’era del virtuale e dei selfie, Ragusa è scesa in piazza come non accadeva da tempo. Il corteo che ha attraversato il centro della città non ha scandito solo il no alla dismissione degli impianti di Eni Versalis, che come è noto chiuderanno il prossimo 31 dicembre, ma per chiedere investimenti e possibilità di sviluppo e rilancio al settore della chimica e, più in generale, dell’industria. In gioco non ci sono solo i 130 posti di lavoro dell’impianto di Eni e le decine di piccole aziende dell’indotto e della logistica, ma le prospettive stesse di un territorio che ha saputo da sempre integrare nella sua economia e nei suoi processi di sviluppo agricoltura, industria e turismo.

Il Piano di trasformazione e rilancio della chimica predisposto da Eni si inserisce in un contesto nel quale appare comprensibile un progressivo disimpegno dalla chimica cosiddetta tradizionale per essere più che mai dentro ai processi della storia che oggi ci pone davanti alla sfida della transizione ecologica. Dentro questa sfida c’è però anche quella della competitività del sistema industriale europeo che non può accettare delocalizzazioni e dipendenza da altri Paesi lasciando nei territori desertificazione produttiva e qualche ammortizzatore sociale. Questo è ancor più vero per la Sicilia e per Ragusa. Per questo occorrono prospettive da calare dentro la transizione ecologica. Prospettive che diano vita a una nuova industrializzazione, più attenta alle esigenze dell’ambiente, ma ugualmente ricca di sviluppo e progresso.

La Sicilia, Ragusa, il sistema Paese e la stessa Eni non possono sottrarsi a questa sfida. Il rischio sarebbe che la Sicilia e il nostro Paese rinuncino alle materie prime provenienti dalle lavorazioni degli impianti chimici per dipendere sempre più dall’estero. Non ci sono da difendere solo i posti di lavoro ma la prospettiva di un’Italia ancora in grado di produrre e di essere competitiva.

Investire a Ragusa non deve essere una concessione. Qui ci sono tutte le condizioni (collegamenti, basso tasso di criminalità, alto tasso di professionalità della forza lavoro, presenza di strutture universitarie per implementare la ricerca, possibilità di attivare fiscalità di vantaggio, posizione strategica al centro del Mediterraneo) per poter attrarre nuovi investimenti e potenziare il tessuto produttivo.

La situazione è seguita «con grande preoccupazione» anche dal Vescovo monsignor Giuseppe La Placa che, nel ribadire la propria vicinanza alle famiglie e ai lavoratori dell’impianto e dell’indotto, sollecita l’Eni, anche con il supporto del Governo, a valutare ogni ipotesi che possa garantire continuità produttiva al sito di Ragusa, magari sviluppando nuove linee in grado di assicurare una chimica più sostenibile e attenta alle esigenze dell’ambiente. Il Vescovo e l’Ufficio per la Pastorale sociale e il Lavoro, in un documento, dichiarano di non accettare «il disimpegno di una multinazionale delle dimensioni di Eni e l’impoverimento del tessuto industriale e delle tante imprese anche a conduzione familiare che traggono linfa dall’indotto. Ragusa, al pari degli altri territori interessati al Piano di trasformazione e rilancio della chimica predisposto da Eni, deve essere destinataria di nuovi investimenti cogliendo anche le opportunità offerte dalla fiscalità di vantaggio, e dalle risorse disponibili per la Coesione territoriale e la Transizione ecologica».

Il documento si conclude con un appello a tutte le parti politiche, istituzionali e imprenditoriali alle quali il Vescovo chiede di «rappresentare le esigenze di un territorio che non può permettersi di negare ai lavoratori e ai giovani la certezza del presente e la speranza del futuro».

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Autore

Giornalista, redattore della Gazzetta del Sud e condirettore di Insieme. Già presidente del gruppo Fuci di Ragusa, è laureato in Scienze politiche.



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