Vita Cristiana

Pubblicato il 1 Dicembre 2024 | di Redazione

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Buona strada di pace e speranza!

Carissimi amici, fratelli e sorelle nel Signore, con la prima domenica di Avvento inizia il nuovo anno liturgico.Una preziosa occasione di grazia che ancora una volta ci è offerta per ricentrare il nostro sguardo su Cristo, per riconsiderare il senso della Sua divina presenza nella nostra vita, personale ed ecclesiale.

1. La Speranza non delude

Come sempre, ogni nuovo inizio porta con sé il ricordo del passato, di ciò che è stato, di ciò che poteva essere, ma anche la speranza di ciò che sarà. Ed è proprio dalla virtù della speranza che, mai come oggi, abbiamo bisogno di essere sostenuti, per dare colore e pienezza di senso alla nostra vita quotidiana. Per il cristiano, lo sappiamo bene, la speranza non è un ideale astratto e irraggiungibile, o peggio ancora un’utopia o una chimera. Per il cristiano la speranza ha un nome e un volto: è Gesù Cristo, colui che ci raggiunge nell’oggi della nostra storia e che verrà alla fine dei tempi per renderci partecipi del suo regno di amore e di pace. «La speranza non delude» (Rm 5,5), carissimi fratelli e sorelle. Ce lo ricorda anche San Paolo con le parole che Papa Francesco ha scelto per farne il filo conduttore del Giubileo che si aprirà in San Pietro la vigilia di Natale. L’Avvento è il tempo favorevole per farci rinvigorire da questa speranza. Si tratta solo di accogliere Gesù Cristo che viene in noi e nelle nostre comunità, per farsi nostro compagno di viaggio.

2. «Si avvicinò e camminava con loro» (Lc 24,15)

Nel cammino ecclesiale che stiamo facendo come Chiesa italiana, l’icona biblica alla quale stiamo facendo riferimento è quella dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35). Il Risorto si avvicina ai due discepoli che, abbandonata ogni speranza, delusi e tristi, scendevano da Gerusalemme per fare ritorno al loro villaggio. Mentre discutono e conversano, Gesù si accosta e cammina con loro. Si fa vicino alla loro fatica, si fa spazio tra le loro parole, si fa presenza nell’assenza che essi lamentano. È il “mestiere” del nostro Dio. Un Dio che cammina a fianco dell’uomo, che sceglie di fare il suo stesso percorso, anche quando il cammino è fatto al contrario. L’avventura dei due discepoli di Emmaus, carissimi fratelli e sorelle, è la nostra stessa avventura, quella delle nostre comunità ecclesiali.Anche noi siamo in cammino; a volte anche noi siamo tristi, delusi e sfiduciati. Eppure, mentre abbiamo deciso di voltare le spalle alla “Gerusalemme” della nostra speranza, proprio allora possiamo sentire che, in questo cammino di gente stanca e delusa, non siamo soli.

3. Camminiamo insieme…

Gesù cammina con noi. Fa strada con noi. Diremmo, oggi, fa sinodo insieme a noi. Certo, il camminare insieme può apparire la strada più faticosa; e, tuttavia, è la strada dell’autentica sequela dei discepoli diCristo.Camminare insieme vuol dire, infatti, imparare a conoscere il ritmo dell’altro, saper attendere chi fa più fatica, provare ad agganciare il passo di chi sembra andare più avanti; vuol dire purificare il nostro sguardo, liberandolo dall’invidia per vedere nell’altro una fonte di arricchimento, un dono prezioso da custodire; vuol dire riconoscere le diversità e provare a comporle, seppur con fatica, in una nuova armonia; avere la pazienza di tessere nuove trame di relazioni e ricucire gli strappi che possono averci allontanati gli uni dagli altri; vuol dire, infine, essere e, soprattutto, sentirsi discepoli dell’unico Maestro e gregge di un solo Pastore. Solo se avremo il coraggio di camminare insieme, sostenendoci a vicenda, potremo dare forma e sostanza ai sogni che nutriamo per la nostra Chiesa locale. Solo camminando insieme il nostro annuncio potrà essere credibile ed efficace. Solo allora potremo sperimentare la bellezza di una comunità ecclesiale che sa vivere in maniera autentica e cristiana le relazioni tra persone e tra comunità parrocchiali.

4. … facendo “Esercizi di purificazione”

Camminare insieme non è facile. Si tratta, infatti, di “schiodarci” dalle nostre vere o presunte sicurezze, facendosi compagni di viaggio anche con chi può essere distante da noi per idee, vedute o progetti. La chiusura nel nostro mondo, infatti, non ci fa respirare la speranza. Forse ci difende da rischi, ci adagia sulle comode posizioni che ci tengono legati alla sedentarietà del “si è sempre fatto così”, ma ci rende completamente sterili per alimentare un cammino diChiesa che ci chiede di costruire comunità e rapporti nuovi dove si respirala presenza e la gioia del Risorto. È per questo che il tempo di Avvento può diventare l’occasione giusta per compiere quegli “esercizi di purificazione” del cuore, di rinnovamento interiore, che ci permettono di liberarci da pensieri e situazioni che intasano e inaspriscono il nostro cuore, per riappropriarci della nostra vocazione originaria, quella, cioè, di essere “artigiani di comunione” e costruttori di pace, vincendo il male con la forza del bene e dell’amore.

5. Viene il “Principe della pace” (Is 9,6)

Il momento storico che stiamo vivendo è particolarmente grave. I venti di guerra soffiano impetuosi, anzi si rafforzano sempre più: il conflitto tra Russia e Ucraina e le violenze nel Medioriente sono solo due dei tanti focolai accesi in tutto il mondo. Siamo umanamente tutti toccati dalle sofferenze di chi è colpito nel vivo dalla violenza. A volte, però, rischiamo di farcene travolgere anche noi, producendo nel nostro animo sentimenti che ci inducono a pensare che si può rispondere al male con il male, come nell’antica legge del taglione. Succede quando a propagare il fuoco dell’odio è il nostro modo di pensare, di parlare e di agire, condizionando anche la qualità delle nostre relazioni. Se gli scenari di violenza sono quelli che vediamo nel mondo, è altrettanto vero che guerra e pace si scontrano quotidianamente nel campo di battaglia del nostro cuore. È proprio da lì, allora, che occorre ripartire, «perché dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza» (Mc 7, 21-22). Il tempo di Avvento – ci ricorda Papa Francesco – è proprio il «tempo per prepararci alla venuta del Principe della pace. È un tempo per pacificarsi prima di tutto con se stessi». Attendere e accogliere Gesù Cristo che viene nel Natale, vuol dire accogliere Colui che, donandoci la sua pace, ci ispira pensieri, parole ed azioni di pace. È dall’incontro con Lui che germogliano nel cuore di ogni uomo e di ogni donna la verità, la giustizia, la speranza e la pace.

6. Con Giovanni e Maria

Ci aiuti in questo cammino il nostro Patrono Giovanni Battista che, facendo sue le parole del profeta Isaia, ci richiama a raddrizzare le nostre vie, ad appianare i monti per accogliere il Principe della Pace, Colui che è in grado di risanare il nostro cuore, di liberarlo dai pregiudizi e dai luoghi comuni che troppo spesso lo inquinano. Ci aiuti e ci accompagni la Vergine Maria che, con la sua disponibilità ad accogliere la Parola di Dio e a custodirla, ci invita ad un silenzio capace di ascoltare e conservare la parola del Figlio suo. Che il Natale del Signore Gesù porti pace e speranza nei nostri cuori e nel cuore di ogni uomo e di ogni donna. E allora, camminiamo insieme incontro al Signore, ascoltando la sua parola e appianando la strada del bene, della fiducia, del rispetto reciproco e dell’amore. Buona strada!

Giuseppe La Placa, Vescovo

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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