Pubblicato il 2 Dicembre 2024 | di Redazione
0Sicurezza, vivibilità, relazioni
Venerdì, 25 ottobre, si è svolto un interessante incontro con l’Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici (Ancsa) incaricata dal Comune di Ragusa di studiare e avviare processi di vivibilità nel centro storico. Si tratta di un percorso partecipativo per la definizione del Piano strategico “Ragusa 2043. Una città da vivere insieme”.
I professori Letizia Carrera, Marika Fior e Arcangelo Teofilo hanno presentato i “Primi esiti del processo partecipativo” e hanno ripercorso una particolare indagine che Ancsa ha condotto a Ragusa nei mesi scorsi. Interessanti le relazioni sulle quali, in particolare due, meritano un breve commento.
“Riaccendere il centro storico” della professoressa Marika Fior e “Nuova forma di abitare il centro storico” della sociologa Letizia Carrera. Ambedue gli argomenti si confrontano con l’esigenza di “cambiamento” dell’attuale sistema del vivere quotidiano di chi abita il centro storico. Prendiamo quindi atto che il nostro Centro Storico è spento e che per riaccenderlo non si può fare a meno di attenzionare alcuni “nuclei tematici” come il commercio di vicinato, gli spazi sociali, la mobilità. Ma un altro “nucleo” ci sembra di interesse strategico, si tratta di quello sviluppato dalla sociologa Letizia Carrera che si è amabilmente intrattenuta sulla necessità di realizzare una “nuova forma di abitare il centro storico”, tracciando tre percorsi necessari per Ragusa: Città sicura, Città da vivere, Città di relazioni, sottolineando la necessità di realizzare una opportuna integrazione dei cosiddetti “soggetti stranieri”. Finalmente parliamo del rapporto tra persone, della necessità di interpretare, comprendere e condividere in maniera adeguata l’Altro, sì l’Altro come lo ha inteso nostro Signore Gesù Cristo. Altrimenti di quale integrazione stiamo trattando? Vogliamo intrattenerci un momento per valutare con la dovuta attenzione l’aspetto socio-economico e culturale di queste persone che hanno scelto di abbandonare la loro Patria con la speranza di una vita migliore per loro ed i loro figli ?
Certo, si tratta di elaborare terapie di accoglienza senza prescindere dalla necessaria diagnosi sociale e culturale della loro origine, delle loro abitudini di vita che sicuramente differiscono dalle nostre e hanno quindi bisogno di attenti processi integrativi. Oppure si dà per scontato che, siccome siamo a Ragusa e loro vengono da fuori , hanno l’obbligo di adeguarsi e basta; certamente di adeguarsi ai nostri usi e costumi ma attraverso processi di vera accoglienza.
Facciamo in modo che costituiscano risorsa per la nostra comunità, perché sempre più la nostra realtà sociale è in declino; a proposito della integrazione degli immigrati, diamo una occhiata ai dati elaborati dall’Inps durante la presentazione del Rendiconto Sociale 2023. Uno su tutti, la percentuale di natalità a Ragusa passa da 9,2 su mille abitanti dell’anno 2000 a 7 su mille abitanti nell’anno 2020.
Riccardo Roccella