San Giuseppe, testimone della speranza cristiana
Papa Francesco afferma che la speranza cristiana «non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita» (Spes non confundit, 3). E se «la speranza trova nella Madre di Dio la più alta testimone» (SnC, 24), a maggior ragione, dopo di lei, ogni cristiano può guardare e invocare il suo sposo San Giuseppe, uomo di speranza. Già nella Patris corde, papa Bergoglio ci presenta il santo Patriarca come un uomo non rassegnato passivamente bensì una persona coraggiosa, con un coraggio creativo e con un forte protagonismo (cf PC 4), «il quale sa trasformare un problema in un’opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza» (PC 5). Ciò significa che Giuseppe non solo viveva di speranza, ma infondeva la stessa a Gesù e Maria, e ancora oggi può infonderla a tutti noi credenti. La speranza di Giuseppe, così come possiamo intravedere nelle narrazioni dei Vangeli, non ha ceduto nelle difficoltà (cf. SnC, 2), una speranza che «si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita» (SnC, 2).
San Giuseppe così attingeva la speranza nella grazia di Dio in quanto «uomo giusto» (Mt 1,19) ma anche perché fu a contatto diretto col Verbo incarnato, nostro Signore e nostra unica Speranza. Non solo, ma nella casa di Giuseppe, nella sua bottega, possiamo scorgere anche quei segni di speranza di cui ci parla papa Francesco. «Segni di speranza andranno offerti agli ammalati che si trovano a casa o in ospedale»: andiamo allora da Giuseppe, “Speranza degli infermi”, “Conforto dei sofferenti”. Segni di speranza nei riguardi dei migranti? Chi meglio di lui può intercedere? “Sostegno nelle difficoltà” e “Patrono degli esuli”! Invocare la speranza per i poveri «che spesso mancano del necessario per vivere» (SnC, 15): andiamo da Giuseppe, “Amante della povertà” ma anche “Patrono dei poveri”. Invocare la pace per il mondo come primo segno di speranza? Chiediamola a San Giuseppe, “Terrore dei demoni” e “Protettore della Chiesa”. «Essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio» (SnC, 10): imitiamo e invochiamo san Giuseppe, “Patrono degli afflitti” e “Sostegno nelle difficoltà”. «Segni di speranza meritano gli anziani che spesso sperimentano solitudine e senso di abbandono» (SnC, 14); Giuseppe non fu mai solo, non abbandonò e non fu abbandonato: lui , “Decoro della vita domestica” e “Padre nella tenerezza”, si prende cura anche degli anziani proteggendoli e preparandoli al transito da questa vita a quella eterna (Patrono dei morenti).
Accresca in tutti «l’amore verso questo grande Santo, per essere spinti a implorare la sua intercessione e per imitare le sue virtù e il suo slancio» (PC, conclusione). Impariamo da lui a ricercare la felicità, quella di cui parla papa Francesco nella bolla di indizione di questo Giubileo: «La felicità di Giuseppe non è nella logica del sacrificio di sé, ma del dono di sé. Non si percepisce mai in quest’uomo frustrazione, ma solo fiducia. Il suo persistente silenzio non contempla lamentele ma sempre gesti concreti di fiducia» (PC 7)… e direi anche di speranza!
Paolo Antoci